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Il 25 aprile a Pisticci (Mt)

Sono molti a chiedersi cosa avvenne a Pisticci, provincia di Matera, prima e dopo il 25 aprile, una fase storica ancora poco esplorata. La totale Liberazione dell’Italia fu celebrata solennemente su iniziativa del locale Comitato di Liberazione, la sezione Profughi e Caduti di Guerra, il Circolo Metapontino e i partiti antifascisti con i loro sindacati e cooperative. Cortei per le strade cittadine e concerto finale della banda musicale ricostituita dal capobanda Nicola Pagetta. Il clima della guerra era stato vissuto dalla popolazione non tanto per fatti d’arme ma per le ripercussioni e conseguenze: mercato nero e contrabbando di provenienza napoletana, carte annonarie, file davanti ai negozi di generi alimentari, farina e carne considerati generi di lusso e l’orzo abbrustolito al posto del caffè. Prodotti surrogati, pane nero, crusca e cicerchie soddisfavano, in un certo senso, le esigenze della comunità che intensificava il rapporto con la campagna, attraverso lo scambio ed il baratto. Già la notizia della caduta del Fascismo era stata accolta con sentimenti contrastanti e non mancarono rimpianti da parte di famiglie legate al regime. Radio Londra continuava incessantemente a trasmettere notizie sul crollo del regime e della imminente ripresa dell’attività dei partiti. Nel pomeriggio del 16 agosto 1943, mentre la processione di S. Rocco faceva rientro in Chiesa, lo scalo ferroviario di Pisticci, -dove stazionava una tradotta militare tedesca-, S. Basilio e Terzo Cavone, sede di una pista d’atterraggio tedesca, furono sorvolati e mitragliati da un aereo inglese, il “Pippo”, con compiti di raid ricognitivi e di natura psicologica, per demoralizzare la popolazione. Il 23 agosto, alle manifestazione di giubilo i dodici nazisti di stanza a Pisticci reagirono con atteggiamento minaccioso. Avevano ricevuto l’ordine di reagire con le armi contro gli stessi giovani con i quali avevano in precedenza fraternizzato. La popolazione temeva rappresaglie. Al comandante del Nucleo Carabinieri di Pisticci fu ordinato dal Magg. D’Amato che dirigeva il Presidio Militare di Matera, di attenersi scrupolosamente al “proclama Badoglio”. La notizia dell’arrivo degli alleati costrinse i nazisti ad abbandonare la loro postazione e per ostacolare l’eventuale arrivo degli alleati, deposero alcune mine in località Varre, del tutto ignari delle conseguenze dei futuri sviluppi. L’otto settembre, dalla Colonia Confinaria di Centro Agricolo fecero rientro a Pisticci alcuni gerarchi che cercarono di ristabilire l’ordine. Un giovane operaio pisticcese che aveva diffuso in paese la notizia dell’armistizio, appresa da radio Londra, venne immediatamente tratto in arresto. Quando poi dalla zona di S. Gaetano vennero udite raffiche di mitra, molte persone si recarono a pregare verso sera nella cappella di Loreto. La mattina seguente gli altoparlanti, collocati in piazza, trasmisero il comunicato n. 1201, l’ultimo, che parlava di reparti italiani e germanici che ritardavano l’avanzata delle divisioni britanniche in Calabria. Intanto la divisione “Hermann Goering Panzergrenadiere”, alle dipendenze del maresciallo Kesserling, in ritirata, si proponeva, quale ultimo baluardo, di istituire una postazione difensiva sul poggio del Casale, punto strategico molto importante per il controllo delle zone circostanti. C’era dunque il serio rischio che l’Abbazia ed il paese potessero essere distrutti dai bombardamenti e per questo molti civili si rifugiarono nelle campagne. Il pomeriggio del 9 settembre, una colonna di cinquanta automezzi nazisti si dirigeva verso Pisticci, dove fu udito il frastuono assordante dei semoventi corazzati, ma alle “Varre”, già minata -come si è detto- dagli stessi nazisti un carro autoblindato saltò in aria con i suoi uomini, causando la morte di tre militari, due dei quali vennero sepolti tra Marconia e S. Basilio. I tedeschi, impossibilitati a passare, tornarono indietro e raggiunsero Corleto Perticara, dove poi vennero annientati dalle artiglierie canadesi. Verso la fine di settembre, trenta soldati anglocanadesi dell’VIII Corpo d’Armata, dopo aver messo in fuga i militi della colonia confinaria (venne ucciso il milite Carlo Blancagemma) e liberato molti deportati, in evidente stato di ebbrezza si spostarono in paese e infastidirono alcune ragazze, provocando la reazione di giovani pisticcesi. Qualche giorno dopo, gli alleati ritornarono a Pisticci ed esplosero alcuni colpi di arma da fuoco contro l’orologio di piazza Municipio, la pompa di benzina e la Croce del convento. Durante questa delicata fase, si avvicendarono alla guida del comune ben sei commissari prefettizi (Bruno, Garzia, Rogges, Silletti, Sinisi e Della Monica). Non mancarono le lettere anonime, che denunciavano il contrabbando, il facile arricchimento e le scritte murali contro gli alleati. Di quest’ultimo reato, consumato nella notte tra il 28 e il 29 dicembre, furono indagati, sulla base di testimonianze di delatori e di scritti anonimi, alcuni simpatizzanti del fascismo, salvati dalla testimonianza della levatrice Gaetana Boccia. Per il progetto di rinascita e ricostruzione, il commissario prefettizio dott. Michele Silletti riorganizzò il Ginnasio parificato, frequentato da novanta allievi (docenti Elisa Lanzillotti (Lettere) preside; don Paolo D’Alessandro, Giuseppina Laurenza e Nicola Palazzo (Lettere); Leucio Miele (Lingua Francese, Disegno e Ginnastica); Giuseppe Artusi (Matematica) e il mutilato di guerra Francesco Maurella (bidello). La scuola fu intestata al giureconsulto Giovanni Maria Novario. Sessanta persone furono poi addette alla vigilanza dei posti di blocco per impedire evasioni alle norme sui granai del popolo, con i requisiti di guardie comunali provvisorie. E quindi l’assunzione in vari servizi comunali di ex combattenti e reduci, tra cui Angelo Colletta; Giovanni Valente; il sottufficiale del Genio Antonio Gesualdi; Vito Rocco Laviola; Salvatore Guarini; Marcello Carbone; Antonio Sansone; Michele Gaeta; Michele Giannantonio e Stefano Blancagemma. Quest’ultimo aveva svolto sei anni di servizio militare in Africa Orientale e tre anni di prigionia in Kenia, decorato con tre croci di guerra e con una onorificenza per meriti. Aveva anche superato, presso l’Istituto Tecnico di Gondar, gli esami del I Biennio del Corso Superiore degli Studi Tecnico-commerciali nel 1939. La giunta (Michele Silletti e assessori Sinisi, Marrese, Musicco e Camardo) deliberò poi di cambiare la denominazione di alcune vie, intestate ad esponenti fascisti: via vicecaposquadra Giuseppe Quinto divenne via G. Matteotti; via legionario Nicola Lauria in via don Minzoni; Salita Scazzarriello in via Amendola; via Armando Casalini in via Gramsci e via Guido Neri in via Pietro Marrese. Avviate poi le operazioni per il Censimento per la Ricostituzione Nazionale, con l’assunzione di 17 pubblici ufficiali; costituito il Comitato Prezzi, (produttori Vincenzo Clemente e Giuseppe Panetta, procuratore del Registro Francesco Coniglio e Francesco Percaccio). Devoluto un contributo economico all’infermiera Angela Anselmi che, a S. Basilio, si era distinta nella lotta antimalarica e che versava in estreme condizioni di povertà. Il dopoguerra fu caratterizzato da momenti di grande tensione. Il 3 marzo 1946, il periodico Azione Proletaria denunciava i tentativi di ricostituzione del partito fascista. Il Piano di Epurazione prevedeva che “…tutti gli elementi fascisti o filofascisti fossero rimossi dalle istituzioni di carattere pubblico”. In Basilicata, gli alleati fecero arrestare quarantanove gerarchi. A Pisticci alcuni impiegati e funzionari temevano di perdere il posto di lavoro ma poterono riprendere la normale attività lavorativa, dopo un breve periodo di sospensione. Il clima politico era ancora teso tra i nostalgici del regime e i rivali comunisti. Contrasti accesi che culminarono con la tragica morte del giovane 26enne Giuseppe Saponaro, per “un colpo di arma da fuoco” -come trascrisse nel referto il medico Delfino- nel rione Dirupo, il 19 febbraio 1947.

Giuseppe Coniglio

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