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Confapi Basilicata apprezza la decisione della Conferenza delle Regioni di escludere le spese per i terremoti del Patto di Stabilità

Le Organizzazioni sottoscrittrici del manifesto “Pensiamo Basilicata esprimono apprezzamento per la decisione della Conferenza delle Regioni di chiedere al Governo di escludere dal Patto di Stabilità le spese sostenute per i terremoti. Ciò significa, per la nostra regione, escludere dai vincoli di pagamento le spese connesse ai fondi della legge 219 per la ricostruzione post terremoto in Basilicata. Adesso ci si aspetta che il presidente De Filippo continui con la stessa determinazione nel chiedere anche l’esclusione delle risorse finanziarie rivenienti dalle royalties del petrolio. Per questo le Organizzazioni sottoscrittrici del manifesto “Pensiamo Basilicata, anche attraverso la proprie organizzazioni nazionali, sosterranno l’impegno del Presidente De Filippo con l’azione di pressione verso i Parlamentari ed il Governo nazionale per allentare la stretta del Patto.

Il risultato raggiunto, infatti, pur se va nella direzione giusta, non è sufficiente a risolvere un problema ben più ampio, che coinvolge numerose imprese lucane che non riescono a riscuotere i propri crediti verso la pubblica amministrazione. E’ per questa ragione che si chiede alla Regione Basilicata di proseguire senza indugio, affrontando nell’immediato il difficile problema degli effetti del Patto di Stabilità con un manovra ampia ed articolata e con l’accoglimento delle altre richieste formulate dal sistema delle piccole e medie imprese, finalizzate allo sblocco anche parziale dei crediti delle PMI lucane.

Infatti, dalle risultanze del Consiglio Regionale del 28 maggio scorso, ci aspettiamo ancora di essere convocati da Antonio Autilio, Presidente della seconda Commissione Consiliare, per affrontare in modo risolutivo tutte le questioni determinatesi con l’adozione da parte della Giunta regionale della delibera n. 222 del 2 marzo 2012 che blocca i pagamenti alle imprese secondo i criteri di priorità basati su scelte politiche inaccettabili.

 

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