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Diagnosi tardiva di un linfoma, quattro medici a processo

Hanno quantificato in 1.150.000 euro la provvisionale al risarcimento danni le dieci parti civili costituite nel processo per la morte di una donna di 37 anni di Altamura, morta il 14 agosto 2004 per un linfoma. Secondo l’accusa, il male sarebbe stato diagnosticato in ritardo nonostante si fossero già palesati i sintomi. La donna, madre di quattro gemelli che oggi hanno 10 anni, scoprì la malattia solo durante il parto, avvenuto presso l’ospedale di Acquaviva delle Fonti (BA) nell’aprile 2003. Le cure successive ed un trapianto, purtroppo, non le salvarono la vita, e la donna morì un anno dopo.

Il marito della donna ha presentato una denuncia evidenziando negligenze in quanto il linfoma non era stato diagnosticato quando c’erano già i segnali, cioè a partire cioè dal gennaio del 2001, ovvero quasi due anni prima del parto. Dall’esposto del marito è scaturita l’indagine, coordinata dall’allora pm della Procura di Bari Lydia Deiure, nei confronti di 13 medici del Policlinico di Bari e dell’Istituto De Bellis di Castellana Grotte, dove la 37enne si era sottoposta a inseminazione artificiale.

La posizione di sei degli indagati è stata stralciata e archiviata; con rito abbreviato sono stati assolti tre professionisti, mentre per altri 4 è in corso il processo dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Bari Angelo Domenico De Palma. Per loro, la Procura ha chiesto condanne a 6 mesi di reclusione per omicidio colposo e lesioni personali colpose. Le parti civili (i quattro figli della donna, il marito, tre fratelli e i genitori), hanno chiesto il risarcimento danni con provvisionali immediatamente esecutive di 200.000 euro ciascuno i primi 5 e 30.000 gli altri. Le discussioni dei difensori degli imputati e la sentenza sono fissate per il prossimo 14 maggio, data in cui si prescriveranno i reati contestati. In caso di condanna, però, le parti civili avranno diritto al risarcimento malgrado la prescrizione.

 

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