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Futuro nero per il calcio a Bari

La Bari calcistica vive un periodo difficile, forse il più difficile della storia centenaria dei galletti. Ieri sera, durante la gara di campionato contro il Grosseto, la tifoseria presente sugli spalti si è ufficialmente spaccata, con una parte del pubblico che ha preso nettamente le distanze dai sostenitori della Curva Nord. La scintilla è scoccata quando è partito un coro intonato dalla curva barese (“chi non salta è giallorosso”), frase alla quale, dagli altri settori, è stato risposto con “venduti, venduti”. Unico momento che ha unito tutti gli spettatori presenti al ‘San Nicola’ è stato quando gli ultras hanno esposto uno striscione in memoria di Franco Mancini, ex portiere biancorosso morto la scorsa settimana, intonando anche un coro “Anche da lassù para la palla Franco Mancini”.

Ma, come detto, il clima nel capoluogo pugliese è incandescente: con il Bari è morta la passione di una città, che da sempre sogna una squadra ambiziosa, che possa disputare tranquillamente campionati di serie A, magari levandosi lo sfizio di qualche trasferta europea. Ma oggi si scopre che il giocattolo è rotto e che le speranze di vedere i galletti ancora competitivi sono ridotte al lumicino. Sono passati solo 2 anni dal Bari spumeggiante di Ventura, ‘Mister Libidine’, eppure sembra un’eternità. Un crollo che, a molti, è parso dubbio, inspiegabile, perché i protagonisti dello scorso torneo erano quasi tutti quelli della stagione 2009-10. Poi, i nodi sono venuti al pettine, e si è scoperto che il calcio-scommesse non è stato ancora sconfitto.

L’emblema della nuova saga di scommesse è Andrea Masiello: prelevato di notte dalla sua abitazione di Bergamo e condotto in carcere in manette, come il peggiore dei ricercati. Ha ammesso di aver fatto volontariamente autorete nel derby contro il Lecce del 15 maggio scorso, la gara più sentita da tutti i baresi. Lui, Masiello, che è stato ribattezzato ‘il Thuram bianco, lui che, quando Gillet era indisponibile, indossava la fascia di capitano. La stessa fascia infangata dalle dichiarazioni di un altro ex capitano (e barese) biancorosso, Antonio Bellavista. Per 24 ore, Masiello è stato interrogato tre volte, al pari degli amici Carella e Giacobbe. Ora il calciatore collabora e si mostra pentito; teme l’incolumità fisica, perché ha venduto il derby e teme di essere trattato come Guida Iscariota.

Poi, c’è anche il coinvolgimento dei capi ultras, Alberto Savarese (noto come il ‘Parigino’), Roberto Sblendorio e Lello Loiacono. Secondo la tesi difensiva, si parla di pressioni fatte sui calciatori affinchè garantissero le sconfitte dei loro beniamini contro Cesena e Sampdoria, invischiate nela lotta salvezza nella scorsa stagione, utili per spingere il Lecce in serie B; gli inquirenti, invece, ritengono che le irruzioni negli spogliatoi siano state azioni intimidatorie per ottenere l’esito delle gare di campionato, per puntare somme di denaro su scommesse sicure. La società, ora, dovrà affrontare un altro problema: non bastassero deferimenti, sospensive dei vertici, debiti, pignoramenti, contenziosi e passività. I legali di via Torrebella hanno mosso azione legale dichiarandosi ‘parte offesa’ nel tentativo di scongiurare un diretto coinvolgimento, che comporterebbe sanzioni pesantissime e, forse, la fine del calcio in città.

 

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