AttualitàBasilicataCultura

Gaetano Alfano e Sukran Moral a Matera

L’Europa riallarga i suoi confini e con occhi di nuovo curiosi torna a guardare le terre di quell’Oriente mediterraneo che di fatto le è sempre stato familiare. Siamo in Turchia, con un percorso fotografico di 30 immagini che mettono in mostra le sue dinamiche sociali e le sue architetture irripetibili, universalmente riconosciute e apprezzate come segni eccellenti della più alta creatività umana. Una città tra tutte, Istanbul, fatta di più piani, di luci morbide e di ombre dense, un intreccio fitto di edifici, strade, uomini e oggetti. Ad accompagnare il visitatore in una passeggiata attraverso i luoghi, i colori, i profumi di una Turchia moderna, rispettosa delle sue tradizioni in cui il vecchio e il nuovo si fondono, è Gaetano Alfano nato a Caserta nel 1980, laureato in Conservazione dei beni culturali nel 2006, fotografo free-lance e dal 2002 impegnato in progetti di ricerca universitari per l’arte in Italia e all’estero. Nel 2007 ha conseguito il Master Europeo professionale nella Scuola internazionale di fotografia SPEOS di Parigi. Nei suoi lavori analizza il rapporto tra spazio, materia, tempo e dinamicità con un approccio artistico che è, contemporaneamente, intellettuale, spirituale ed estetico e che si fonda su uno sguardo di pura meraviglia del mondo circostante. Le sue immagini ci mettono in relazione con l’esterno attraverso uno stile scarno che tenta di decontestualizzare i soggetti per elevarli a pure essenze estetiche. Ed è ciò che Alfano realizza nella mostra dal titolo “Turchia XXI secolo. Tra modernità e tradizione”in esposizione negli ambienti della chiesa di Santa de Armenis (piazzetta Pascoli) fino al 31 gennaio, e inserita nel Focus Matera-Istanbul 2010 promosso dall’Associazione Matera 2019. La mostra sarà presentata giovedì 18 alle 18 con la partecipazione dell’artista campano.

Il giorno dopo sarà la volta dell’artista turca Sukran Moral, da oltre 10 anni impegnata in mostre collettive e personali realizzate in Italia e all’estero, che spaziano dalle fotografie ai video-documentari alle performance artistiche che, senza pudori e falsi moralismi, e con uno stile crudo e dissacrante, denunciano la condizione di quelle persone che vivono ai margini della società come i transessuali, le prostitute, i malati di mente, gli emigranti, e lo fa entrando nei posti dimenticati, malfamati e di esclusivo “dominio” maschile. Tra i lavori più importati di Moral, “Zina” e “Il manicomio femminile di Istanbul” due video realizzati nel 1997 e nel 2003 esposti a Matera dal 15 fino al 31 gennaio nella Chiesa di Santa Maria de Armenis (piazzetta Pascoli), in una mostra dal titolo “Identità violate” curata da Bruna Fontana, e inserita nel Focus Matera-Istanbul 2010 ideato dall’Associazione Matera 2019 e finanziato con i fondi Piot. L’artista sarà a Matera venerdì 21 alle 18 per incontrare il pubblico nella chiesa di Santa Maria de Armenis e raccontare la sua singolare vicenda artistica che l’ha costretta ad allontanarsi dalla Turchia.

Nel corso della serata saranno presentati due lavori. Il primo si intitola “Zina” che in arabo significa adultera. Nel video l’artista si fa lapidare secondo le modalità con cui viene giustiziata una donna accusata di adulterio in alcuni paesi musulmani. Ci viene risparmiato soltanto l’atto finale della tragedia; il tutto avviene tra gli sguardi curiosi e increduli degli spettatori che, proprio come nella vita reale, osservano senza ribellarsi, partecipando al massacro. Il suo carnefice dunque è un mondo che per nascondere la propria debolezza cerca di annientare la sua libertà di scelta, di renderla schiava. Il secondo video ha come tema la follia e racconta il dramma di un luogo che nell’immaginario collettivo si tinge dei colori cupi dell’abbandono, della solitudine e spesso della violenza fino all’annientamento dell’identità umana. Nel video la Moral, prima da spettatrice poi da protagonista, racconta senza filtri il dramma di quel luogo. Scene di vita quotidiana scandite da azioni semplici, ripetitive, momenti di socializzazione sterili in cui ogni individuo rimane da solo, chiuso in se stesso forse perché, ormai, ha paura dell’altro. Tutto è asettico. Forte è la percezione di una volontà che ha cancellato le differenze: abiti uguali, uguali acconciature, piccole stanze spersonalizzate che accolgono letti tristi, un lungo corridoio come spartiacque tra le camere che si aprono a destra e a sinistra quasi a voler supplire alla mancanza di un ordine mentale. Non importa in quale parte del mondo accade tutto ciò, l’artista denuncia la condizione di queste donne “diverse” che vivono una morte apparente in attesa di una morte reale. Dimenticate come oggetti rotti non più riparabili.

A tutto ciò l’artista si ribella spronando l’osservatore a non essere più soltanto spettatore ma parte attiva attraverso una riflessione profonda che riesca a scuotere le coscienze.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *