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Il giornalista poeta e scrittore tarantino Ricardo Catacchio incanta con momenti di ieri e di oggi nei 15 racconti del suo nuovo libro “Paesi miei”

Agosto. Sole, caldo, mare, spiaggia. Litorale gremito di bagnanti vocianti che, anche se festosi, fanno rimpiangere il fascino particolare del mare del mattino. Ombrelloni uno vicino all’altro. Attenzione a non pestare chi ti sta accanto. E’ la prima volta l’agosto in spiaggia per me (bisogna accontentare anche gli altri!) che in passato sono stato accolto dalla collina con passeggiate nel silenzio dei boschi.
Esco dall’acqua. Mi accoglie la sedia a sdraio. E ora?
Meno male che mi sono portato un libro da leggere.
Mi metto a mio agio, meglio che posso, e… apro il libro.
“Paesi miei” (tra la lira e l’euro) è il titolo del volume di 232 pagine, rilegato, pubblicato lo scorso giugno da Scorpione Editrice di Taranto. Contiene 15 racconti dovuti al particolare spirito di osservazione dell’autore Riccardo Catacchio (ha dedicato l’opera alla moglie e ai figli) che scruta persone, ambienti, situazioni diverse. Proprio come ha sempre fatto da giornalista (già direttore del Corriere del Giorno di Puglia e Lucania) e nelle sue precedenti opere.
Prima di aprire il libro, sono stato attratto dall’elegante e affascinante copertina che riporta la riproduzione di una magnifica opera del pittore massafrese Nicola Andreace, con il quale l’autore ha avuto un rapporto speciale. E’ un’opera, tecnica mista su tela cm 70×100 (“Sequenze vitali 2”), creata dall’artista massafrese nel 2012 e che di recente, su invito di una importante galleria d’arte internazionale, è stata esposta alla 2^ biennale internazionale d’arte di Barcellona nel Museo Europeo di Arte moderna.
Ho il tempo di leggere la lunga e accurata prefazione della prof.ssa eucubina Anna Rita Mereu e poi lasciare il lido per tornare in albergo. E mi dispiace. Non perché vado via, ma per aver interrotto la lettura del primo dei 15 (quindici) racconti del volume. Riprenderò nel pomeriggio. Come lo stesso autore spiega, le storie di ieri e di oggi di cui parla, storie a volte allegre e a volte tristi, sono veramente accadute. Raccontano la vita, frammenti di umanità tra amore e disamore con la “riscoperta” dell’uomo semplice nel suo intimo psicologico, nella sua famiglia e nel suo ambiente dove, come fa osservare l’autore, “ogni mondo è paese”. I primi due racconti hanno la loro ambientazione in Gubbio, la città d’origine della moglie dello scrittore, Maria Pia. Alcuni sono anche ambientati a Taranto e provincia.
Sono racconti emersi dalla memoria dello scrittore che, con un linguaggio semplice e chiaro, propone una varietà di casi ricchi di sfumature e coloriture, pervasi da un sottile rimpianto di un mondo perduto.
Sono passate ben quattro ore. Doccia, pranzo, e riposino… interrotto quasi subito dal forte desiderio di continuare la lettura. E adesso non ci sono per nessuno, solo per l’autore Riccardo Catacchio e i suoi racconti che si riferiscono ai tempi della Lira.
“Alcuni di questi racconti appartengono a tempi recenti, mentre altri (come ha detto lo stesso autore alla prefatrice) riemergono da un’operazione di scavo archeologico della memoria solo per ricordare com’eravamo tanti anni fa quando avevamo pochi mezzi a disposizione, ma eravamo più felici, e nei nostri paesi si viveva una vita più sana e genuina, certamente più ricca di spirito”. Da precisare che alcuni di questi racconti facevano parte di una corposa raccolta rimasta inedita, ma non è detto (consiglio per l’autore) che lo rimanga.
L’autore sa ben coinvolgere il lettore con riflessioni, incontri, ricordi di esperienze di lavoro, di cultura e di vita, legate all’Umbria, regione d’origine della moglie (è originaria di Gubbio), e alla Puglia, in particolare a Taranto, sua città natale.
Con intelligente ironia e con una carica espressiva coinvolgente, lo scrittore analizza la psiche dei personaggi immersi nelle loro abitudini, nella loro quotidianità, trascinati dal loro destino, cui cercano di ribellarsi o che tentano di dominare con astuzia. Racconti che mi hanno conquistato subito con vicende e personaggi, tra cui quelli legati a Gubbio. In “Romualdo il socialista” lo scrittore narra le vicende dei nonni della moglie Maria Pia (importante il suo contributo e quello dei documenti storici e della stampa del tempo) e quella dei coniugi Romualdo Saldi ed Elisa Minelli che si conobbero durante la tradizionale Festa dei Ceri. Scopriamo che Romualdo, personaggio umano e politico del primo novecento, si attivò nella difesa dei diritti dei lavoratori. Morì precocemente a 29 anni assistito con amore dalla moglie Elisa che lo confortò anche con le preghiere e con i sacramenti, nonostante le contrarietà dei suoi compagni di partito.
In “Un asino per Memmo”, mi sono trovato direttamente nell’ambiente popolare eugubino con il dialogo tra un professore e un abitante  di Gubbio, con i soprannomi per individuare alcuni personaggi caratteristici fino ad arrivare ai sarcastici commenti  sulla vicenda del contadino Memmo, bevitore abitudinario, caduto da un albero per aver bevuto caffè al posto del solito bicchiere di vino…
Non mi sono fermato più, se non per bere di tanto in tanto un bicchiere d’acqua portatomi da mia moglie che faceva la spola tra cucina e studio.
Ed eccomi, come se fossi presente, con il geometra Nicola (racconto “Sarò sindaco”) che di fronte alla possibilità di diventare sindaco comincia a cambiare le sue prospettive esistenziali.
E di racconto in racconto mi ritrovo con i vari personaggi, anche ai margini nella città vecchia di Taranto. Ora con Michele, protagonista del racconto “Vita” (Ai tempi della lira) che sopravvive grazie ai piccoli lavori occasionali, e ora con Gianluigi, che dopo la morte della mamma (racconto “Nove bocche da chiudere”), abbandona la scuola per contribuire al sostentamento dei fratelli (il padre è spesso in osteria), aiutato anche dall’amico Enzino.
Ed eccoci insieme ad Alfredo (“Alfredo, un whisky”), cronista di nera che non rispetta l’orario di lavoro, preferendo concedersi ogni giorno dosi esagerate di alcol e corteggiamento di giovani fanciulle.
In “Un cane viene” conosco il cagnolino Bill, accolto in casa, con qualche esitazione iniziale, da alcuni bambini. In “Come farsi la casa” conosco commercianti messi in ginocchio dalla crisi e una donna, elegante e ben vestita, che non si decide a pagare “quanto acquistato”.
In “Sposa per procura”, i fidanzati Rosa e Nicola vivono nella speranza di un lavoro dignitoso. Ed per questo che Nicola va in Canada a cercare lavoro. Le cose, però, non vanno bene e il giovane non trova neppure il coraggio di scrivere alla “moglie”. Alla fine ritorna in Italia e trova la moglie, che aveva perso ogni speranza, fidanzata con un altro. Non vi dico come finirà, e lo stesso per “Una partita di Basket” tra Monteleppa e Montenano.
In “Peripatetici” troviamo ricordi dell’adolescenza allegra e spensierata dello scrittore che da adulto si trova con i compagni tarantini della 3^ C (affermati professioni che rievocano le loro avventure). Leggo poi i racconti: “Il vigile Picuno”, intransigente e ossessionato dal senso del dovere; “Il pesce di Enzino” ( lo spaccia per fresco, non lo è); “Pasquale, l’incompreso”, un geniale amico di gioventù, creativo, autore di poesie, ma sfortunato.
L’ultimo racconto è “Amori” la storia di due ragazzi, molto diversi tra di loro che hanno in comune la precarietà lavorativa, ma…
“Fra poco vengo a cena”, rispondo a mia moglie che continua a chiamarmi. Voglio rimanere ancora con i personaggi dei racconti che ho letto e ringraziare lo scrittore Riccardo Catacchio, che, grazie alla sua innata vocazione di scrittore ha affidato ai suoi personaggi il compito di testimoniare varie esperienze di vita (come dice anche la prefatrice), cariche di valori affettivi e di spunti originali, che ci portano a riflettere sulla straordinaria ricchezza umana di cui tutti i lettori, me compreso, siamo attori protagonisti o spettatori coinvolti. Il libro è in distribuzione nelle librerie. Si trova anche nelle biblioteche comunali di Gubbio, Taranto e Massafra.
Io conosco benissimo il dott. Catacchio. Ho collaborato al Corriere del Giorno anche nel periodo in cui lui è stato direttore (dal gennaio 1986 all’aprile 1991).

Qui di seguito riporto alcune sue notizie biografiche.
E’ nato a Taranto, dove risiede. Edotto in cultura professionale giornalistica alla Scuola Superiore di Giornalismo dell’Università di Urbino, riconosciuta dalla F.N.S.I. (1955-1959), per molti anni corrispondente di giornali (“La Voce Repubblicana”, “Il Messaggero” di Roma, “Telesera” di Roma, “La Tribuna del Mezzogiorno” di Messina, “Il Gazzettino” di Venezia e dell’Agenzia giornalistica “Reuter”), ha svolto intensa attività pubblicistica, collaborando a giornali e riviste con note letterarie, racconti e critiche d’arte. Entrato al “Corriere del Giorno di Puglia e Basilicata” nel 1961, ha percorso tutte le tappe della carriera professionale nello stesso quotidiano, del quale è stato direttore responsabile dal 23 gennaio 1986 all’aprile 1991.  Giornalista pubblicista dal 1958, professionista dal 1962, anno in cui curò la pubblicazione del settimanale cattolico “Dialogo”. E’ stato segretario e quindi vice presidente dell’Associazione interregionale della Stampa di Puglia e Lucania e componente della Commissione di esami d’idoneità professionale dei giornalisti presso l’Ordine nazionale dei giornalisti. Già membro del collegio nazionale dei probiviri della F.N.S.I. e già segretario della sottosezione di Taranto dell’U.C.S.I. (Unione Cattolica Stampa Italiana). Ha pubblicato “Intervista con l’acciaio” (inchiesta 1975); “L’uva nera nella sabbia” (narrativa 1976); “Emozioni” (poesie 2015; in copertina l’opera di Nicola Andreace “Suonatore di chitarra”); “Nato tra due mari” (poesie 2016; in copertina un’opera di Antonio Rolla). Ha ottenuto numerose segnalazioni e premi letterari, tra i quali il “Premio Torino” 1957; finalista al “Premio nazionale Lipparini” nel 1960. Da leggere sue presentazioni biografiche anche in: “Chi è? Nel giornalismo italiano”; “Piccola Enciclopedia tarantina” di Giovanni Acquaviva e Angelo Fanelli; “Fra l’uva e l’uliva – Testimonianze su venti protagonisti della cultura ionica” di Angelo Lippo.

Nino Bellinvia

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