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I fagioli bianchi di Rotonda dop ad ‘Occhio alla spesa’ su Rai 1

Continua senza sosta il lavoro di aggregazione e promozione intorno al progetto di riconoscimento comunitario di denominazione di origine protetta delle otto pionieristiche e innovative imprese agricole della Valle del Mercure che hanno dato vita al Consorzio di Tutela dei Fagioli Bianchi di Rotonda Dop. La seconda stagione di produzione certificata, dopo i 27 quintali di Fresco (baccello) e 13 quintali circa di Secco del 2011, non ha tradito le attese, facendo schizzare la commercializzazione di questo particolarissimo prodotto verso cifre record. Sono stati infatti ben 260 i quintali di Fresco raccolto e 45 quello di secco, nei due ecotipi in commercio: Fagiolo Bianco e Poverello Bianco di Rotonda DOP.

Se da un lato spiccano il volo verso la diffusione nazionale e l’immissione nei mercati internazionali, dall’altro restano il simbolo di un territorio, le colonne portanti di tante ricette tipiche della tradizione gastronomica dell’area sud della Basilicata. A conferma della crescita esponenziale dei Fagioli Bianchi di Rotonda DOP, c’è il rinnovato interesse nei loro confronti da parte dei principali media nazionali ed in particolare di Occhio alla Spesa, trasmissione cult del settore enogastronomico, in onda tutte le mattine su Rai Uno. Il conduttore Alessandro Di Pietro, dopo aver accolto lo scorso 9 febbraio il Presidente del Consorzio Luigi Franzese, ha rinnovato anche per quest’anno l’invito a partecipare ad una puntata del programma. Domani, martedì 15 gennaio, Franzese sarà nuovamente in diretta dagli studi Rai di Saxa Rubra per parlare dei Fagioli Bianchi, della loro storia, delle loro peculiarità e caratteristiche.

Di nuovo una vetrina nazionale importante per questo legume voglioso di farsi conoscere dal grande pubblico televisivo: una autentica bontà che potrebbe, se ben valorizzata e se gli agricoltori riusciranno a tradurre in unità d’offerta sui mercati extraregionali la polverizzazione produttiva, invertire il trend di progressivo impoverimento del tessuto economico-sociale della Valle del Mercure, la scomparsa dell’identità rurale dell’area, la perdita di perle di biodiversità per l’attuali e le future generazioni.

 

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