CronacaPuglia

I genitori di Francesco Saverio Positano: “Riaprite le indagini sulla morte di nostro figlio”

Ad uccidere il caporale scelto Francesco Saverio Positano, il 23 giugno del 2010 in Afghanistan, non fu un malore, ma un incidente al blindato su cui viaggiava il militare, durante una manovra. Lo sostengono Luigi e Rosa Positano, i genitori del caporale, nativo di Foggia, affermando che lo Stato non ha detto loro la verità su quanto accaduto al figlio. Sulla morte del caporale era stata aperta un’inchiesta dalla procura di Roma che ha archiviato il fascicolo.

“Ogni volta che arriva una notizia di qualche vittima italiana in Afghanistan, il nostro dolore si rinnova lancinante: ma stavolta lo strazio è ancora maggiore, sentendo che il tenente colonnello Giovanni Gallo sarebbe morto per ‘un malore’, proprio come è stato detto a noi, falsamente, quando è morto il nostro Francesco Saverio. – sostengono i due genitori – Il dolore per la perdita di Francesco è insanabile, ma il nostro è un dolore ancora più forte per il fatto che lo Stato non ha degnato noi e il sacrificio di nostro figlio neppure della verità sui motivi della sua morte”. I coniugi Positano, assistiti dagli avvocati Annarita Antonetti e Lucia Frazzano, sono assolutamente certi di poter dimostrare che ad uccidere il figlio è stato un incidente del ‘Buffalo’ (il blindato su cui viaggiava) in manovra e non un inesistente ‘malore’, versione falsa che anche il medico legale nominato dalla Procura della Repubblica ha dovuto smentire. “Ci siamo fatti carico di verificare noi stessi le circostanze della morte, assistiti da avvocati e periti – concludono – e dimostreremo di aver ragione: abbiamo un conto aperto con il nostro Paese, avendo perso un figlio in un sacrificio estremo per la patria, e riteniamo di avere diritto almeno alla verità”.

Infine, un pensiero per l’ultima vittima in Afghanistan (la 46esima), Giovanni Gallo, 49enne di Alghero (SS), effettivo al 152° Reggimento della Brigata: ”Pensando ai famigliari dell’ufficiale morto oggi, ci auguriamo che si tratti davvero di un malore. La rabbia di non poter avere la verità è sale sulla ferita che portiamo dentro, e non la auguriamo a nessuno”.

 

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