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Il caso Natuzzi. Guida al cambiamento?

Se è giusto affidare alla politica il compito di costruire le condizioni di contesto per favorire le politiche industriali e se gli imprenditori devono investire in attività produttive, allora ancora una volta dobbiamo prendere atto che qualcosa non ha funzionato.

Il caso Natuzzi mette in luce l’incapacità di una classe dirigente che in questi anni non ha avuto la volontà e la capacità di governare una prevedibile trasformazione del sistema produttivo lucano.

Il risultato è quello di un sistema economico e produttivo completamente destrutturato e di un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti del paese.

Ancora una volta si devono inseguire tavoli negoziali ai quali sono appesi esclusivamente i possibili strumenti di sostegno al reddito che per i lavoratori della Natuzzi si potrebbero tradurre in una eventuale quanto insufficiente proroga della cassa integrazione straordinaria.

La situazione è ancora più grave se la si mette in relazione ad una delle dichiarazioni fatta dallo stesso presidente di Confindustria Giorgio Squinzi quando dice : “ mettere a rischio la manifattura italiana vuol dire minare a fondo la coesione sociale e la vita di una comunità”.

Da troppo tempo il lavoro è al centro del dibattito politico solo a parole e poco o nulla viene fatto per consolidare le poche realtà rimaste in piedi e per intervenire sulla costruzione di condizioni in grado di ridisegnare e rilanciare una nuova politica industriale.

A poco servono le dichiarazioni dell’ultimo minuto ed il sostegno occasionale se poi manca una strategia. Il distretto del mobile imbottito non è di fatto mai partito e ciò sopratutto per responsabilità dello stesso Natuzzi, nel mentre le imprese del settore non sono mai riuscite a fare sistema ed è così che la straordinaria esperienza, tutta locale, del “divano” rischia di rimanere solo archeologia industriale, capannoni vuoti e lavoratrici e lavoratori privi di qualunque prospettiva occupazionale.

Rimettere al centro il lavoro ed il mezzogiorno si deve tradurre in azioni in grado di sostenere un progetto politico che deve puntare soprattutto su università, sistema formativo, ricerca, innovazione e qualità.

Per troppo tempo e con troppe distrazioni si è invece continuato a guardare al solo costo del lavoro, alla riduzione delle tutele ed ai mercati finanziari; troppo poco e scarsamente lungimirante.

Ancora una volta guarderemo con attenzione ed interesse al prossimo incontro romano con una estate alle porte che si preannuncia sempre più calda e sempre più povera.

Forse per le prossime scadenze elettorali un parametro di valutazione da prendere a riferimento dovrà essere quello del “lavoro”.

Una valutazione valida per la classe politica, pronta per essere promossa o riconfermata e per quella imprenditoriale altrettanto pronta a scendere in campo con tutto il loro “bagaglio” di competenze.

Angelo Cotugno – Consigliere comunale PD

 

 

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