CronacaPuglia

Il freddo presenta il suo conto: a Manfredonia un clochard muore assiderato

Secondo i meteorologi gli ultimi due giorni sarebbero stati i più freddi del 2010: le previsioni si sono rivelate veritiere e se il freddo è stato difficile da affrontare al calduccio in casa o davanti al caminetto, molto più dura è stata la notte per quanti, sfortunatamente, si ritrovano a vivere per strada.

Antonio Caterino, clochard 47 enne di Manfredonia (provincia di Foggia) non ce l’ha fatta a resistere al freddo: è morto assiderato questa notte nei pressi dell’ospedale della sua città.

Il suo corpo, riverso per terra, è stato notato da alcuni passanti. Inutili i tentativi di rianimarlo, ormai per lui non era rimasto niente da fare.

Il Comune di Manfredonia partecipa al lutto per la morte di Tonino Caterino Mischino (nome col quale era conosciuto in città) e l’assessore alla Solidarietà Paolo Cascavilla firma una lettera di riflessione sulla prematura morte dell’uomo:

  “La morte di Tonino Caterino Mischino lascia in tutti un po’ d’amarezza.

Era una presenza nella città, una presenza fastidiosa, scostante. Eppure un volontario della mensa della Croce mi diceva che, quando stava bene, era una persona ironica e divertente, disincantata e a tratti affettuosa.
Quanti incontri o conferenze di servizio sono state organizzate tra Servizi sociali, medici, psicologi del servizio dipendenze!

 Quanti ricoveri in comunità che sembravano dare risultati all’inizio, e poi lasciavano tutti gli operatori delusi e con un senso di frustrazione!

Chiunque operi nel sociale non può non avere speranza, non può non ricominciare sempre.

Il candore e la semplicità delle colombe e la prudenza e la diffidenza del serpente. Questo è detto nel vangelo di Matteo. E questo è vero sempre, anche nella vita di ciascuno di noi.
Un medico dell’ospedale civile mi disse un giorno: “Forse questa volta ce la facciamo”.

Tonino è tornato fuori, è rimasto sobrio per una settimana, resistendo alle lusinghe di tanti. Ma poi qualcuno gli ha offerto da bere, poi un altro, poi un altro ancora… e di nuovo punto e a capo.

E’ una scelta la vita da barbone? Non lo so.
La cosa certa è che quando qualcuno scivola in fondo, in fondo, poi è difficile che trovi le energie per risalire o che abbia voglia di farlo.
Una volta tagliati i fili che ci legano agli altri (perché i barboni vivono soli, in assoluta libertà), è faticoso riannodarli e non se ne ha nemmeno il desiderio.
Tra l’inferno della solitudine e l’inferno degli altri, si sceglie il primo.
E’ una condizione sempre più presente tra noi.

A volte più che operare affinché ritornino tra i normali, occorre predisporre azioni minime perché queste persone non muoiano di freddo e di fame.

Fece discutere anni fa l’intervento di monsignor Luigi Di Liegro, straordinario direttore della Caritas romana tra gli anni ’80 e ’90, allorché fece costruire dei cartoni che, all’occorrenza, si potevano aprire e il barbone poteva infilarsi all’interno. Molti criticarono quella risoluzione, perché significava accettare una situazione che invece andava combattuta. Ma questi sono interventi di contenimento quando non si può fare più nulla: come gli aiuti dati per ripararsi dal freddo nelle grandi città a tutti coloro che dormono nelle stazioni, o come le bevande calde, i sacchi a pelo e le coperte portate qui, a Manfredonia, a coloro che vengono segnalati sotto portici e ponti.

 La cosa drammatica è che non ci si interroga più sulle cause dell’emarginazione.
Alcuni preferiscono ignorare, altri invocano l’intervento pubblico per ricoveri forzati: così, chiusi da qualche parte, non li non vediamo e siamo a posto.
Invece dovremmo chiederci dove abbiamo fallito.
Sì, perché di fallimento si tratta, da parte di tutti.
Perché il nostro aiuto deve giungere prima che qualcuno diventi un senzatetto. Quando qualcuno è diventato senzatetto, è già un fallimento.

Non è la prima volta che, a Manfredonia, qualcuno muore in mezzo la strada. E ogni volta dietro ci sono storie di conflitti, di scontri e poi, chi non ce la fa, getta la spugna.
E’ vero, ci sono persone che dormono in macchina, e magari i loro genitori o fratelli hanno case ampie e riscaldate.

E quante separazioni spingono entrambi i coniugi verso la povertà?
Quante famiglie allontanano parenti che hanno problemi, pensando che deve provvedere il Comune?
E’ proprio di questa mattina la storia di una persona anziana, che non ha mai avuto bisogno di aiuto: “Sono sempre stato bene e i figli venivano a mungere. Ora che non ce la faccio, che ho bisogno di cura, non si fanno più vedere”.

In questi mesi ci siamo affannati a dire che il welfare del futuro o sarà comunitario o non potrà più sostenersi.
E oggi, di fronte ai tagli drammatici di trasferimenti di risorse finanziarie da parte dello Stato, torno a ribadire: o scopriremo nuove e inedite forme di solidarietà, o si apriranno scenari per nuove forme di sofferenza e abbandono”.

(Valentina Focaccia)

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