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Il MIG raccorda l’Europa al territorio

A solo un mese di distanza dall’inaugurazione della mostra antologica dedicata a“I grandi incisori del XX secolo: Luigi Bartolini. Opere dal 1914 al 1963”, il MIG. Museo Internazionale della Grafica – Biblioteca Comunale “Alessandro Appella” – Atelier “Guido Strazza”, in vista di Matera 2019,diventa focus espositivo del sempre più attuale raccordo tra Europa e territorio, attraverso tre mostre particolari: “Lo sguardo di Mario Cresci. 50 fotografie degli ultimi 50 anni”, “I grandi galleristi-editori del XX secolo: Carl Laszlo. Opere di Axelos, Beck, Béothy-Steiner, Billeter, Bohm, Buchholz, Chin, Fajò, Forbat, Gallina, Grutzke, Kolar, Kraft, Krieglstein, Kovacs, Leblanc, Ligeti, Lohse, Maatsch, Ring, Roccamonte, Schad, Schröder-Sonnenstern, Stange, Staudt, Tornquist, Ulrichs, Vasarely”, “L’incisione del Novecento in Lucania: Rocco Falciano.
Mario Cresci (Chiavari, 1942) è autore di opere contraddistinte dalla libertà di ricerca che attraversa il disegno e la fotografia, compenetrate da una lunga esperienza umana e professionale, vissuta, a più riprese, in Basilicata, sul finire degli anni ’60, quando sociologi e intellettuali calano nel Mezzogiorno riscoperto alla luce delle narrazioni di Carlo Levi e delle ricerche antropologiche di Ernesto De Martino. Tra il 1966 e il 1967, Cresci scende a Tricarico (MT) con il gruppo di urbanistica Il Politecnico, nato a Venezia intorno al sociologo Aldo Musacchio. Il progetto è la realizzazione del piano regolatore del paese e il compito di Cresci è quello di occuparsi della grafica, degli elaborati e del rilevamento fotografico degli ambienti, degli oggetti e di tutti gli aspetti della vita sociale e produttiva della comunità. Appartengono dunque a quell’epoca gli scatti che compongono la mostra e che evidenziano la passione del fotografo per la figura umana e gli oggetti che le appartengono, ritratti nell’intimità della vita familiare. La lunga permanenza in Basilicata gli permette di lavorare sui concetti di territorio, memoria, archivio, temi che intreccia in modo “naturale” alle questioni del progetto, dei linguaggi espressivi, della visione, centrali nella sua opera. Tra il 1967 e il 1972 realizza la serie Ritratti reali, riprese di gruppi familiari che posano in interni, tenendo in mano fotografie dei loro antenati: scopo dell’artista è mandare il tilt la differenza tra tempo reale e memoria In pieni anni ’70, Cresci si dedica ai ritratti negli interni, nei quali la fisionomia di persone sconosciute è attraversata dal suo volto. Si tratta di lavori nei quali l’identità dell’individuo e della comunità viene letta attraverso gli oggetti e gli arredi della casa. Scrive: “Mi ha sempre affascinato il rapporto degli oggetti con le persone, soprattutto quelli d’uso, appartenenti alla cultura materiale dell’uomo, quelli della sua storia: dagli utensili più semplici a quelli più complessi, sino ad arrivare alle forme più evolute del design contemporaneo”.
Altrettanto coinvolto nel sociale era Rocco Falciano (Potenza 1933-Roma 2012). La raccolta di opere dal 1958 al 1985 rimodula l’ampia sala Lucania del MIG e ne “rappresenta il mondo”, in quanto l’arte è un fare mondi, è più di un oggetto, più di una merce ed incarna una visione del mondo che con essa si vuole creare. Emblematico il suo libro autobiografico «Il treno d’ argento»: una testimonianza delle speranze, dei problemi e delle illusioni di un artista fortemente impegnato in una regione del Mezzogiorno, la Lucania. A Roma, frequenta artisti e intellettuali come Mario Alicata, Leonardo Sinisgalli, Rocco Scotellaro, Adriano Olivetti e Carlo Levi, che esercitò su di lui una grande influenza: con quest’ ultimo si incontrava spesso, soprattutto quando questi componeva il grande telero sulla Basilicata destinato all’ esposizione di Italia ‘ 61. Si lega poi a un altro artista, Ettore de Conciliis, con il quale fonda il Centro di arte pubblica e popolare di Fiano Romano, nel quale nascono diversi progetti di grandi pitture murali su temi come la pace, la bomba atomica, il capitalismo, la non violenza e l’occupazione delle terre. Alla fine degli anni 70, con De Conciliis e con l’architetto Giorgio Stockel collabora alla realizzazione del Memoriale di Portella della Ginestra, opera di land art realizzata nel luogo dell’eccidio dei braccianti, avvenuto il primo maggio 1947, per mano della banda di Salvatore Giuliano. Ma lo sguardo di Falciano non resta imprigionato nella sua terra natìa: in tempi di confusione mediatica, l’artista confidava nella necessità di difendere la grande tradizione della cultura europea, senza in alcun modo eludere ogni possibilità attuale di un “nuovo inizio”.
In ultimo, gli sguardi del MIG, che partono da Bartolini, passando per Cresci e Falciano, convergono nelle opere degli artisti seguiti da uno dei grandi galleristi-editori del XX secolo: Carl Laszlo(Pécs 1923 – Basilea 2013). Di famiglia ebrea assimilata alla grande borghesia di Pécs, frequenta la facoltà di medicina e si afferma come psicanalista. Da adolescente, comincia a collezionare arte popolare ungherese analizzandone le radici asiatiche, trasferendo poi queste passioni al panorama artistico americano dei primi anni sessanta. In questo modo, le migliaia di statue buddiste dal XV al XIX secolo si fondono con la pop art, con William Blake, Thilo Maatsch, Friedensreich Hundertwasser, Roy Lichtenstein, Robert Mapplethorpe, Andy Warhol.
Le mostre resteranno aperte fino al 10 ottobre 2015, tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 17.00 alle ore 20.00. La mattina per appuntamento.

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