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L’archeologa Maria Giuseppina Canosa ha presentato ai giornalisti il volume e gli studi compiuti sulla sepoltura 33 a Timmari: probabile tomba di Alessandro “il Molosso”

Con un incontro pubblico – martedì 2 ottobre alle 18 alla Mediateca provinciale “Antonello Ribecco” di Matera – organizzato e promosso dalla Fondazione Zétema di Matera, sarà presentato nella città dei Sassi il volume Una tomba principesca da Timmari di Maria Giuseppina Canosa.

Pubblicato nel 2007 nella serie prestigiosa dei “Monumenti Antichi” della Accademia Nazionale dei Lincei per i tipi della Giorgio Bretschneider editore, il libro dell’archeologa Canosa (già direttrice del Museo Domenico Ridola negli anni ’80) illustra lo scavo e il successivo studio sulla sepoltura numero 33 scoperta nel 1984 a Timmari, località a pochi chilometri da Matera. “Una tomba principesca”, citando il titolo del volume, che può essere rintracciata come la sepoltura del re dell’Epiro Alessandro I detto “il Molosso”.

Ipotesi che sarà analizzata, nell’incontro del 2 ottobre, da esperti e qualificato relatori: Elisa Lissa Caronna, accademico dei Lincei, Lorenzo Braccesi direttore della rivista Hesperia e fra i più grandi studiosi a livello mondiale della grecità in occidente, Maurizio Gualtieri, docente di archeologia dell’Università di Perugia, Claude Pouzadoux direttore del Centre Jean Bèrard di Napoli e i soprintendenti per i beni archeologici di Basilicata Antonio De Siena e di Calabria, Elena Lattanzi. Coordinerà i lavori il presidente della Fondazione Zétema di Matera Raffaello de Ruggieri.

 

Il tema dell’incontro pubblico, ovvero la suggestiva ipotesi che la sepoltura numero 33 della Collina di San Salvatore a Timmari possa essere la tomba del re dell’Epiro Alessandro I detto “il Molosso”, è stato anticipato questa mattina nella sede della Fondazione Zétema – il Centro per la Valorizzazione e Gestione delle Risorse Storico-Ambientali – a Matera.

Il presidente della Fondazione Raffaello de Ruggieri, salutando il presidente del Circolo La Scaletta Ivan Focaccia, si è detto felice di quest’occasione offerta a Zétema: “Ci ricorda il proposito con cui oltre 50 anni fa è nato il Circolo La Scaletta: aiutarci e aiutare tutti i lucani a riscoprire un passato spesso negletto e renderci tutti orgogliosi della nostra storia e delle nostre radici”.

Della sepoltura numero 33 e delle “tracce” che la riconducono a un condottiero o re dell’Epiro che può essere identificato con Alessandro “il Molosso”, ne ha approfonditamente parlato la dottoressa Maria Giuseppina Canosa, cui si deve l’importante scoperta archeologica.

“Fortuita”, come spesso accade in archeologia per i ritrovamenti più significativi, e “fortunata” perché quasi totalmente integra, la tomba numero 33 è stata scoperta nell’agosto del 1984.

“Dal 4 al 26 agosto del 1984 – racconta Canosa -abbiamo scavato senza sosta: la scoperta poteva far gola ai tombaroli. Un sentito ringraziamento, ancor oggi, lo devo alle Forze dell’Ordine che ci furono vicine: veri angeli custodi del nostro lavoro e del patrimonio storico-artistico”.

Uno studio di confronto fra i reperti trovati e altri ritrovamenti di corredi funerari, l’analisi delle fonti storiche durato oltre 14 anni è confluito nel volume Una tomba principesca da Timmari, dove viene avanzata l’ipotesi che si tratti di un personaggio eminente, individuabile, per le armi che lo accompagnano, come un nobile guerriero straniero macedone-epirota.

“Ho consegnato il testo nel 2001 all’Accademia dei Lincei – prosegue Canosa – che per 6 anni ha lavorato all’edizione del libro. Ad oggi, l’ipotesi che a Timmari sia stato sepolto Alessandro I d’Epiro detto “il Molosso” è suffragata da una serie di riscontri che vanno dal rito funebre eseguito, il corpo è stato prima cremato in una pira adiacente e poi inumato nella tomba, ai resti umani rinvenuti: solo il cranio e una costola. Resti minimi che non si devono alla cremazione – poiché le analisi degli esperti hanno appurato che è avvenuta a una temperatura troppo bassa perché la cremazione fosse completa– ma che ben collimano con quanto raccontato dalle fonti storiche: il corpo de “il Molosso” fu smembrato dai suoi nemici e sepolto in varie zone dell’Italia meridionale”.

E ancora i resti del legno usato per il rogo funebre, con un frutto di pero mandorlino selvatico maturo che riporta al periodo del tardo autunno in cui il re dell’Epiro morì nel 331 a.C. Fra le testimonianze più significative: i vasi a figure rosse prodotti fra il 340 e il 335 a.C. dall’officina del Pittore di Dario per il corredo funebre, la ricca armatura in bronzo in stile epirota-macedone e la presenza nel corredo di un rampino di ferro. Attrezzo che fa supporre alla dottoressa Canosa che il defunto fosse il comandante di un corpo speciale, quello degli scalatori “agriani”, addestrato all’assalto delle mura delle città assediate. Corpo inserito da Filippo II nell’esercito macedone ed usato da Alessandro Magno durante la sua spedizione in Asia.

Seppur in presenza di queste ed altre importanti “indicazioni” che porterebbero all’identificazione della tomba 33 di Timmari con la sepoltura del re dell’Epiro, con onestà intellettuale nel volume Maria Giuseppina Canosa riconosce che il corredo – per quanto ricco – non è paragonabile a quelli delle tombe reali macedoni, e pertanto una simile identificazione non è “suffragata da elementi certi”.

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