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Musica per la speranza. Il 27 gennaio a Taranto il leggendario pianista siriano Aeham Ahmad

We all believe in the same God – Muslims, Jews, Christians – and one of the messagges is have faith in me,
with patience and love we can save the world – although the situation in Syria is very desperate
”.
Aeham Ahmad
Le note di un pianoforte, a volte, possono essere più forti dei fischi assordanti dei missili che precipitano o delle bombe che esplodono nelle zone di guerra. Non è la fantasia di un pacifista, né la poesia di un film d’autore. È la storia di Aeham Ahmad. Ormai noto in tutto il mondo come il leggendario pianista di Yarmouk, campo profughi palestinese alle porte di Damasco dov’è nato nel 1989, Aeham Ahmad arriva il 27 gennaio a Taranto, il 2 febbraio a Firenze, il 3 febbraio a Udine e il 4 febbraio ad Aosta. Un’occasione imperdibile per conoscere e ascoltare la malinconia dell’esilio di un pianista che concepisce la musica come un’arma per costruire la speranza di un mondo diverso.
Classe 1989, Ahmad è stato il primo artista a ricevere il Premio Beethoven, nel 2015, per il suo impegno in favore dei diritti umani. Nell’agosto 2016 è uscito “Music for hope”, il suo primo album composto da 18 tracce che raccontano il dramma della guerra in Siria attraverso una musica “classica”, dallo stile pienamente occidentale, armonicamente congiunta con i versi e la melodia del canto arabo. Un incontro sorprendente che si traduce in un universo musicale inedito e affascinante.
Come racconta Ahmad:“Music for hope è dedicato al mio popolo, che vuole vivere libero ma non ha alcuna voce”.
Le immagini di Aeham Ahmad al pianoforte, tra le macerie dei bombardamenti alla periferia della capitale siriana, hanno commosso il mondo intero. Lì Ahmad suonava ogni giorno un pianoforte montato su un carretto, circondato da bambini che lo accompagnavano con il canto. Una forma di resistenza alla guerra, il sollievo della musica contro il mortifero frastuono del conflitto militare. Il giorno in cui i miliziani dell’Isis gli hanno bruciato il pianoforte – perché la musica occidentale è considerata peccato mortale – e ucciso uno dei bambini che stavano intorno al piano, Ahmad ha deciso di lasciare il suo paese e fuggire verso l’Europa attraverso la rotta balcanica, insieme a migliaia di altri migranti. Fino all’arrivo in Germania, dove acquisisce lo status di rifugiato, inizia a suonare nei teatri, incontra Angela Merkel, pubblica il suo primo album e vince il premio Beethoven. Attualmente sta lavorando al suo secondo album e alla sua autobiografia, entrambe in uscita nel 2017.
Una storia unica e, probabilmente, al tempo stesso, simile a quella di tanti esseri umani in fuga dalla guerra, costretti a lasciare le proprie radici alla ricerca non di un futuro migliore ma di un futuro e basta. Ahmad quel futuro lo ha trovato. E lo ha trovato in Europa, culla di quella musica classica che ha scoperto da piccolo a Damasco e che, tutto sommato, gli ha salvato la vita.

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