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Prosegue il dibattito sulla riforma del Senato e del Titolo V

Il dibattito sulla riforma del Senato e del titolo V, iniziato martedì 2 aprile mentre il Governo presentava la sua proposta, e che prosegue oggi, ci interroga ancor di più sulle ragioni e gli effetti che hanno portato la Conferenza dei Presidenti dei Consigli Regionali a programmare la riunione di tutti i Consigli.

La domanda che dobbiamo porci è: “a cosa serve un dibattito in presenza di una scelta già fatta e immodificabile, come dichiarato dal Governo”?

Non serve a nulla, a meno che il Consiglio non decida di approvare un documento chiaro sulla difesa delle prerogative della Regione su materie quali l’ambiente, il territorio, l’urbanistica, l’organizzazione della sanità, Petrolio e diritti dei cittadini lucani a decidere del proprio modello di sviluppo.

Una proposta alternativa che a mio modo di vedere garantirebbe una risposta vera alla riduzione dei costi della politica, senza mettere in discussione la rappresentanza potrebbe essere quella della elezione dei Senatori eletti e non nominati dai Consiglieri Regionali e dai Sindaci, la riduzione dei Parlamentari, massimo 450 deputato e 100 Senatori, nonché una riduzione consistente delle indennità.

La proposta del Governo Renzi appare invece una proposta populista e che nasconde l’incapacità del Governo di dare risposte ai problemi veri che affliggono il paese in tema di lavoro, diritti, tutela ambientale e del territorio.

Siamo in presenza di una deriva populista e antidemocratica tanto da considerare inutili le rappresentanze sociali, i corpi intermedi della società che hanno fatto dell’Italia, con la nascita della Repubblica, un paese moderno, competitivo e avanzato per il suo sistema istituzionale (equilibrio tra i poteri).

L’idea che rischia di affermarsi è quella molto pericolosa di un sistema dove c’è un capo ed il popolo, idea che ci riporta alla mente periodi bui della storia del nostra paese.

Le proposte di Renzi sulla legge elettorale, la riforma del Senato, l’abolizione non delle Province, ma degli eletti (rimarranno le Province come strutture, solo che non saranno i cittadini ad eleggere il Presidente e gli assessori, ma i sindaci) minano il principio cardine della democrazia che si basa sulla partecipazione e sul diritto dei cittadini ad eleggere i propri rappresentanti.

L’esempio più eclatante del restringimento della democrazia sta nel fatto che il Presidente della Repubblica, eletto dai Deputati e Senatori, può nominare 21 Senatori su 148, esattamente il 15% del totale, in piena contraddizione con le regole della partecipazione e della democrazia.

Tutte queste ragioni ci inducono a esprimere contrarietà alla proposta del Governo ritenendola dannosa per la tenuta democratica del nostro paese, rischiando di accentrare a Roma e nelle mani del solo Governo il destino di territori, come quello della nostra Basilicata, dove il Governo, come dichiarato dal Ministro Guidi, e le grandi multinazionali del petrolio, hanno manifestato la volontà di prendersi tutto il petrolio necessario al paese non considerando la tutela ambientale e i diritti dei nostri corregionali lucani.

Noi ci batteremo affinché questo non avvenga.

Giannino Romaniello – Consigliere regionale Sinistra Ecologia Libertà

 

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