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Ugl Basilicata chiede verifiche su Fenice SpA

“L’Ente che più volte ha disposto che Fenice SpA doveva mettere in atto interventi di messa in sicurezza l’area inquinata di San Nicola, certamente non ha adempito ai controlli. L’Ugl ha da sempre denunciato la gravità di quanto stava accadendo in quel territorio ma, cosa grave è, che non si è dato conto neanche alla Regione Basilicata”.

E’ quanto denunciano congiuntamente per l’Ugl Basilicata, il segretario regionale generale, Giovanni Tancredi e il componente della confederazione lucana, Giuseppe Giordano.

Per i sindacalisti “gravi, infatti, sono le responsabilità di Fenice SpA dal momento che l’inquinamento continua a permanere causando danni all’ambiente e alla salute dei cittadini. I valori di mercurio, nichel, cromo, ed altre sostanze, permangono elevati, mentre Fenice SpA si sottrae dalle proprie responsabilità. Il Presidente della Giunta Regionale, Vito De Filippo, a questo punto, deve adoperarsi senza mezzi termini e con urgenza ad intervenire, con le sue competenze istituzionali, nella sospensione di ogni attività del termo distruttore Fenice, poiché come già dichiarato vanno ricercate le cause del cattivo funzionamento dell’impianto con i relativi sversamenti in falda di sostanze, altamente, cancerogene derivanti dal ciclo di trattamento dei rifiuti provenienti anche da fuori regione. Appurato che ancora elevati i limiti di mercurio abbondantemente al di sopra di 1 microgrammo (limite consentito 0,1 microgrammi), di nichel di ben 20 microgrammi (limite consentito di 2 microgrammi) secondo i dati comunicati dalla stessa società Fenice, andrebbero monitorati – proseguono Tancredi e Giordano – anche da organismi pubblici come l’Arpab, i cui vertici sono perennemente assenti. Non è più possibile pensare, secondo l’Ugl, che i limiti elevati di sostanze fortemente cancerogene ritornino miracolosamente entro la norma senza che vi siano precise azioni di bonifica da parte dell’azienda che vi è tenuta per legge, segnalare nel contempo eventuali anomalie di funzionamento dell’impianto. La situazione andava costantemente monitorata in presenza dell’impianto che attiva combustione. Vogliamo rendere noto – continuano i segretari Ugl – che l’A.I.A., scaduta, dava a Fenice la possibilità di incenerire 30 mila tonnellate di Rifiuti Solidi Urbani mentre ne sono stati trattati nel 2008 (dati ISPRA) oltre 39 mila e di questi 20 mila di rifiuti pericolosi e di questi, ancora, solo 976 sanitari. L’unico inceneritore che ha bruciato rifiuti pericolosi non sanitari in Italia è stato Fenice e complessivamente l’impianto , nell’ambito dei R.U. ha bruciato il 40% di tutti quelli che sono stati trattati in Italia. Per ciò che concerne l’abbruciamento dei rifiuti industriali pericolosi e non, l’A.I.A. prevedeva 35 mila tonnellate mentre dal sito della Provincia si evince che per il 2007 il forno era in grado di bruciare delle 45 mila alle 65 mila tonnellate. Allora ora, è necessario fare chiarezza, come è possibile che l’impianto abbia bruciato già dal 2007 una quantità di rifiuti superiori a quelli che l’Autorizzazione permetteva e solo oggi ci si rende conto . Un po’ di trasparenza non ha mai fatto male ed è una parola che non serve solo per le conversazioni domenicali. L’allora Direttore Generale del’Arpab, Sigillito, all’epoca dall’UGL interpellato, ebbe a dichiarare, nel corso dell’audizione tenutasi in III Commissione consiliare il 4 Novembre 2009, che su Fenice non vi erano dati certificati negli anni 2002, 2003, 2004, 2005 e 2007. Allora i dati odierni, quei pochi che si hanno, sono certificati? Già in quelle circostanze e date, sollecitammo la sospensione dell’attività dello stabilimento per mancanza di alcuni controlli. Adesso – concludono i segretari Ugl, Tancredi e Giordano – è l’ora di sgomberare il campo da dubbi, reticenze e di fare chiarezza una volta per tutti perché, è un dovere nei confronti della popolazione che vive all’ombra di Fenice e dei tanti lavoratori che vivono giornalmente in quella fabbrica”.

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