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162 tavoli di crisi aziendali aperti al Ministero dello Sviluppo nel 2017. Dodici casi sono lucani

“Su 162 tavoli di crisi aziendale aperti al Ministero dello Sviluppo al 2017, almeno una decina hanno interessato vertenze e lavoratori lucani. Tra i tavoli più frequenti al Mise: Centro Oli Eni Viggiano che si è concluso positivamente con la ripresa delle attività produttive dopo la sospensione; Natuzzi (2.700 complessivi tra Basilicata, Puglia, Campania e Friuli), Firema (600 tra Basilicata e Campania), Ferrosud (100-150). Ancora, le vetrerie Pilkington (2.500 lavoratori in Abruzzo, Veneto, Basilicata e Piemonte; lo stabilimento di Melfi ( produzione di sabbie silicee con annessa cava), è nato nel 1972 e dà lavoro a circa 20 persone, garantendo una produzione annua di circa 140.000 tonnellate tra sabbia per vetreria e prodotti secondari e rifornisce principalmente lo stabilimento di San Salvo. E’ quanto rileva una nota della segreteria Uil della Basilicata.
Per la Uil occorre affrontare le crisi aziendali non con gli interventi singoli, ma mettendo a punto finalmente una strategia di politica industriale, individuando anche i filoni su cui scommettere per la ripresa. Un percorso complicatissimo, quindi, che sconta la mancanza di una ripresa che stenta ad intravvedersi che non è tuttavia un fatto ineluttabile e non affrontabile. La scelta che si continua a perseguire è quella di affrontare a valle le situazioni di crisi, senza impostare una reale strategia di politica industriale che evidenzi i filoni importanti della ripresa e che concentri sulla difesa del tessuto produttivo risorse, quali quelle degli sgravi Irap, che vengono invece distribuiti a pioggia a tutte le imprese. Tutto ciò mentre continua inarrestabile la flessione della cassa integrazione anche nel primo mese dell´anno, con un numero di ore di poco superiore a quello del 2008 (+12% elaborazione UIL)”.
“Da una prima lettura de dati che mensilmente l´Inps diffonde – sottolinea Carmine Vaccaro, segretario Uil – l’andamento su quanta cassa integrazione viene richiesta, sembrerebbe il riflesso di una ripresa del sistema produttivo, ma nella flessione continua di questo ammortizzatore sociale, dobbiamo tener conto di due fattori rilevanti: da una parte l’abrogazione della cassa in deroga che ha fortemente inciso, quantitativamente, sui dati nel passato e, dall’altra, l’introduzione di un costo più elevato della straordinaria. Ma occorre, quindi, capire se al calo dello strumento di integrazione salariale, vi sia un innalzamento dei licenziamenti. Ricordiamoci anche che dal 1 gennaio di quest’anno è in vigore un importo raddoppiato del ticket licenziamento nell’ambito di licenziamenti collettivi effettuati da datori di lavoro tenuti alla contribuzione per il finanziamento della cassa integrazione straordinaria. Se tale nuovo importo contributivo inciderà come deterrente sulla riduzione dei licenziamenti ancora non sappiamo, ma intanto ci piacerebbe interpretare i dati sulla cassa integrazione come positivi invece di darne una lettura negativa in termini di perdita di occupazione. Ma, purtroppo, crediamo che questo secondo sentore sia più realistico visto l’aumento delle domande di disoccupazione.
A fronte della necessità di non abbassare la protezione sociale nei troppi casi in cui le ristrutturazioni aziendali rischiano di «produrre» licenziamenti ed esuberi, come testimoniano i 162 tavoli di crisi aziendale aperti al Ministero dello Sviluppo al 2017, bisogna, nel contempo, rimettere al centro delle politiche economiche azioni per favorire gli investimenti, rendere meno facile per le imprese assumere con troppi contratti temporanei e, favorire, il contratto stabile. Ciò è perseguibile anche innalzando il costo per i contratti a termine e favorendo le imprese che investono sul lavoro non precario”.

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