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Associazione Zes Lucana: “Servono misure urgenti per il sostegno alle imprese”

In questi giorni il Paese sta sperimentando l’esperienza dolorosa della diffusione epidemica di un virus particolarmente contagioso, tanto che il numero delle vittime e la pressione sul sistema sanitario stanno diventando insostenibili. La regola di base alla quale dobbiamo attenerci è “restare a casa”. Il Governo, con cadenza giornaliera sta provando a fronteggiare la crisi sanitaria senza tralasciare quella economica, che sta contagiando le imprese e le partite iva. Se l’esigenza primaria è tutelare la salute propria e quella collettiva, non si può certo tralasciare il collasso socio-economico al quale si sta avviando il Paese. Il Governo, resistendo alle pressioni provenienti da più parti, non ha sospeso tutte le attività produttive, né tutti i servizi pubblici, ma quelle azioni comportano un “enorme e inevitabile” costo economico. Non possiamo prevedere se la situazione epidemica si aggraverà e sarà necessario adottare misure di contenimento ancora più stringenti, mentre la paralisi del comparto pubblico e dell’industria privata devono essere l’extrema ratio, per il grave danno all’economia nazionale. Quando tutto sarà passato, alla conta delle vite umane perse si dovrà aggiungere quella delle imprese fallite, degli esercizi commerciali definitivamente chiusi, dei posti di lavoro soppressi e già si stima che l’economia italiana sarà in recessione del 3% nel 2021, mentre previsioni più pessimistiche indicano un crollo del Pil del 6,5%2, quasi come la vecchia crisi economica del 2008. In questo contesto, lasciando ai medici e alla protezione civile il compito di tutelare la salute pubblica – che viene prima di tutto – dobbiamo domandarci se ci sarà una concreta normativa d’emergenza per il sistema produttivo? Il Sud rimarrà fuori a vantaggio del sistema produttivo del Nord? La ZES che doveva essere il volano di rilancio industriale del Mezzogiorno a che punto è? Le Regioni stanno facendo la loro parta? C’è un piano per le piccole e medie imprese? Perché non si è ancora perimetrata nemmeno una Zona Franca Doganale? L’avvertimento di Confindustria è su tutti i giornali di oggi. L’economia è già in frenata con la produzione interrotta e le fabbriche chiuse, gli ordini cancellati e i consumi crollati: creare prodotto interno lordo, la ricchezza di un Paese, è difficile in queste condizioni. Le drammatiche previsioni di Confindustria sono per un calo del Pil a -6% nel 2020, mentre la ripresa sarà lenta; siamo in piena pandemia economica? Il centro studi di viale dell’Astronomia incita le istituzioni europee a fare presto. Giorno dopo giorno, le notizie economiche peggiorano. Le aziende fanno i conti con perdite nell’intero sistema economico. Molte già si stanno ridimensionando e licenziano lavoratori, salvo la via di fuga della cassa integrazione. Una profonda recessione è inevitabile? Peccato, perché già a novembre 2019 erano tornati gli incentivi per l’Industria 4.0: superammortamento, iperammortamento, Nuova Sabatini, bonus green. La Legge di Bilancio aveva riportato indietro le lancette del tempo, riconfigurando per (almeno) 12 mesi tutti gli sgravi che hanno fatto la fortuna del cosiddetto Piano Calenda. Peccato perché il decreto legge 16 dicembre 2019, n. 142, recante misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio meridionale e per la realizzazione di una banca di investimento stava provvedendo alla situazione economico-finanziaria del Mezzogiorno con un rafforzamento della dotazione patrimoniale di Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. mediante l’erogazione da parte del Ministero dell’Economia e delle finanze di contributi in conto capitale fino all’importo di 900 milioni nel corso di quest’anno. Mentre circolano già voci di un nuovo Governo di unità nazionale, un tecnico, Mario Draghi – che molti vedono già alla guida del “nuovo” – ha annunciato la sua ricetta per evitare che la crisi diventi profonda depressione. Sarà quella giusta? La sfida che dobbiamo affrontare riguarda il modo di agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione si trasformi in una prolungata depressione. La priorità non deve essere solo la garanzia di un reddito base a chi perde il lavoro, che va evitato a tutti i costi, ma fronteggiare una crisi occupazionale. L’ex governatore della BCE individua nell’aumento del debito pubblico la via d’uscita più celere e sicura. “La perdita di reddito del settore privato dovrà essere eventualmente assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci dei governi.  Di fronte a circostanze non previste un cambio di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Serve un’immediata iniezione di liquidità, che è essenziale per le aziende per coprire le spese operative durante la crisi, si tratti di grandi, piccole o medie imprese o lavoratori autonomi. Le misure approvate finora sono positive ma non sufficienti per evitare il crollo dell’economia mondiale. Serve infatti un approccio più complessivo, iniziando a mobilitare pienamente l’intero sistema finanziario: mercato obbligazionario, soprattutto per le grandi aziende, sistema bancario e in alcuni Paesi anche quello postale. Da questo punto di vista, l’Europa è ben equipaggiata per affrontare questo shock straordinario. Ha una struttura finanziaria capace di far confluire fondi in ogni parte dell’economia. Ha un forte settore pubblico in grado di coordinare una risposta rapida. La velocità è essenziale per l’efficacia della risposta al coronavirus”. Attendiamo fiduciosi gli interventi di Roma e Bruxelles e nel frattempo l’Associazione ZES LUCANA continua il suo ruolo di studi e ricerche politico-economiche ascoltando gli imprenditori.

Pierluigi Diso – Ass. ZES LUCANA

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