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Caporalato, sei arresti in Puglia

La Polizia di Andria, in collaborazione con la Guardia di Finanza di Trani, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di sei persone, coinvolte, a vario titolo, in reati riconducibili al fenomeno del capolarato. I provvedimenti restrittivi seguono le indagini avviate dalla Procura di Trani all’indomani della morte della bracciante agricola Paola Clemente, avvenuta nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015 a causa di una cardiopatia. L’autopsia e gli esami tossicologici, eseguiti rispettivamente dal medico legale Alessandro Dell’Erba e dal tossicologo Roberto Gagliano Candela, svelarono che la donna era affetta da una ‘Sindrome coronarica acuta in paziente affetta da riferita ipertensione (in trattamento) e da riferita familiarità per cardiopatia’. Il marito della vittima riferì, anche pubblicamente e ai giornalisti, delle dure condizioni di lavoro delle braccianti, assunte da agenzie interinali per conto delle aziende, del misero guadagno (pochi euro l’ora per molte ore di lavoro al giorno). Il pm inquirente di Trani, Alessandro Pesce, iscrisse nel registro degli indagati, per omicidio colposo e omesso controllo, sette persone. Le indagini avrebbero accertato che la donna fu colta da malore due ore dopo aver cominciato il lavoro, sotto un tendone rovente, di acinellatura dell’uva (operazione che consiste nella rimozione dei chicchi malconci per rendere il grappolo appetibile ai futuri acquirenti). La donna, inoltre, già un paio di giorni prima del decesso, avvertì dolori al collo a cui non aveva però dato molta importanza perché ne soffriva da alcuni anni.
Le accuse contestate ai sei arrestati sono di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il cosiddetto caporalato, e la truffa a danni dello Stato, reati per i quali sono previste pene fino a otto anni di reclusione. Gli arrestati sono il responsabile dell’agenzia interinale per la quale lavorava Paola Clemente, Pietro Bello, di 52 anni, e i suoi due collaboratori-dipendenti, Oronzo Catacchio, di 47, e Gianpietro Marinaro, di 29; assieme a loro sono finiti in carcere Ciro Grassi, di 43 anni, titolare dell’agenzia di trasporto, e Lucia Maria Marinaro, di 39 anni, moglie di Grassi e lavoratrice fittizia; ai ‘domiciliari’ è finita, invece, Giovanna Marinaro, di 47, che avrebbe avuto il compiuto di reclutare le braccianti agricole.

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