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Cia, più tutela per l’olio extravergine lucano

“Ora sarà più difficile far passare per olio italiano quello che è tutt’altro”: è il commento della Cia-Confederazione Italiana Agricoltori alle modifiche introdotte da parte della Commissione Europea al Regolamento sulle caratteristiche e i metodi di analisi degli oli di oliva e degli oli di sansa d’oliva, che inasprisce e affina i controlli sulla presenza dei cosiddetti ‘oli deodorati’ negli oli ‘normali’, poi spacciati e venduti illegalmente per oli di frantoio. Dopo la guida sulle ‘vie dell’olio nel Materano’ per iniziativa della Cciaa di Matera e l’indizione della nuova edizione del Premio Olivarum – sottolinea Paolo Carbone, responsabile Ufficio Economico della Cia – il provvedimento comunitario contribuisce a proteggere le nostre produzioni di alta qualità che in questi anni hanno subito enormi danni dalle sofisticazioni sull’olio. Accrescendo la capacità di lottare contro le frodi e le contraffazioni, si proteggono e tutelano le aziende sane e l’intero comparto olivicolo, che è di primaria importanza per la nostra economia. Era ora di mettere un freno alla commercializzazione di olio ‘tarocco’ spacciato per extravergine d’oliva e che – continua Carbone – è in vendita in tanti supermercati lucani con un doppio danno per olivicoltori e consumatori”.
”Per questo occorre impegnarsi per ottenere, dopo la dop dell’olio del Vulture, la dop unica per tutto l’olio extravergine prodotto in Basilicata, la costituz ione del Distretto Rurale dell’olio per preservare le vocazioni produttive dei singoli territori e offrire servizi agli agricoltori, misure per sostenere il giusto reddito agli olivicoltori, un Piano di settore olivicolo legato alla programmazione dei fondi europei PSR 2007-2013”.�
In particolare “le Misure del Psr per l’ammodernamento del comparto olivicolo-oleario, con finanziamenti per 100 milioni di euro, sono ancora più urgenti ed importanti per gli olivicoltori lucani alle prese con una situazione dei prezzi delle olive e dell’olio che registrano crolli verticali (meno 20-25 per cento), mentre i costi produttivi, contributivi e burocratici continuano a salire in maniera insostenibile. In alcune realtà, vista la caduta verticale dei listini all’origine, nella scorsa campagna olearia, non si è proceduto neanche all’operazione di raccolta, perché si sarebbe fatta in netta perdita”.

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