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Dal Tabarin ai primi anni ’40

Il teatro della Grecia classica e le immagini e i suoni dal tabarin ai primi anni del ’40 del XX secolo, come occasione per recuperare elementi di un antropologia scomparsa, di usi e costumi. Un’altra iniziativa della Soprintendenza per i Beni archeologici della Basilicata che si svolgerà, domenica 16 giugno, a partire dalle 18.30, nel Museo archeologico di Tricarico, a cura della responsabile Antonella Carbone, che guiderà la successiva visita alle sale espositive. Parteciperanno Francesco Niglio, voce narrante e il soprano Daniela Sornatale, con l’intervento di Lello Chiacchio, del Centro di cultura teatrale “Skenè”. “Se è vero che nella Grecia classica, quanto più acuto si fece il bisogno di filosofia e più acuti i problemi sociali, nacque il teatro, quello della tragedia e della commedia – spiega la dottoressa Carbone presentando l’iniziativa – è vero anche che il bisogno di rappresentare, visualizzare e teatralizzare le più varie storie dell’anima accompagna, sin dall’origine dei tempi, l’avventura dell’uomo. Immerso e come fasciato dai suoni e dai rumori della natura, da quella terrestre a quella marina, a quella del cielo tempestoso, l’uomo ha scoperto ben presto che poteva, con l’apporto fonico, parlare e cantare e, col canto, celebrare e solennizzare tutti i momenti del suo arco esistenziale: un canto per la vita e per l’amore, un canto per la morte e grida e cori minacciosi per la vendetta e la guerra e peani di guerra e inni per l’identità dei gruppi e delle nazioni. Nel mito di Orfeo, il cantore d’amore, con la cetra, smuoveva le pietre, ammansiva le belve, piegava gli dei a cancellare sentenze di morte, eventi ineluttabili. Canali sotterranei di canto e di musica, scorrono dunque da sempre, nella storia dell’uomo, in una sorta di continuità per cui si può dire che, nel tabarin del primo ventennio del novecento, si teatralizzava l’esistenza scarna dei viveur e, nel soliloquio ironico, satirico del Gastone petroliniano, riviveva qualche pagina del teatro comico di Leandro e di Aristofane. Possiamo considerare una sorta di fiction televisiva la “Vipera” di E. A. Mario, e la “Signorinella Pallida” di Bovio e Valente o i “Balocchi e Profumi”, ancora di E. A. Mario. Tutto a voler significare, cioè manifestare, portare sul teatro della vita, le diverse passioni e contraddizioni del cuore umano come per volersene liberare, proprio come nel teatro greco di Eschilo, Sofocle ed Euripide, i greci di quella irripetibile temperie storica, trovarono lo strumento per un processo di catarsi. La canzone italiana del gli anni ’20, ’30 e ’40 del XX secolo è l’occasione quindi per recuperare elementi di un antropologia scomparsa di usi e costumi. La canzone e la musica sono stati, nel tempo di cui parliamo, utilizzate per fini ideologici e in funzione organica dal regime mussoliniano. Funzione sociale dunque, quella della canzone, così come funzione sociale e morale assunse nella grecità il teatro delle saghe e dei miti”.

Vito Sacco

 

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