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Dalle Aree programma alle Unioni dei Comuni, il riordino della governance locale

Più servizi di qualità al cittadino con minori costi gravanti sulle casse dei Comuni, a fronte delle esiguità delle risorse pubbliche e delle politiche di risparmio attuate dallo Stato. Il governo regionale, con un disegno di legge sul “Riordino di del sistema di governo locale” ora all’attenzione delle competenti Commissioni consiliari, ha tracciato le linee di una riforma del sistema della governance locale della Basilicata, nella prospettiva di ridurre e razionalizzare la spesa dando certezze nella gestione di risorse, piani e programmi rivolti allo sviluppo locale.
La gestione associata dei servizi da parte dei Comuni non è una novità nel campo della pubblica amministrazione. La Riforma Del Rio, che ha ridefinito le competenze degli Enti locali, ha imposto però ai Comuni con meno di 5000 abitanti (3000 per i Comuni montani) l’obbligo di associarsi per gestire insieme servizi ritenuti essenziali, tra cui quelli in materia di edilizia scolastica, trasporti, pianificazione urbanistica, servizi sociali e polizia municipale. La formula scelta è quella dell’Unione dei Comuni. Il governo lucano, rispetto alla legge nazionale, fa un passo in avanti, disciplinandone la costituzione e il funzionamento facendo una proposta normativa, presentata questa mattina alla stampa.
“La riforma del sistema di governo locale – ha spiegato il presidente della Regione Marcello Pittella – è un ulteriore tassello di quella strategia più ampia avviata in questa legislatura. In poco tempo siamo riusciti ad approntare una riforma di cui si parlava da anni, ed abbiamo ottenuto anche il giudizio positivo del ministro per gli affari regionali Lanzetta. Con il disegno di legge intendiamo superare l’ibrido delle aree programma, e recuperare, senza venir meno allo spontaneismo dei Comuni, una nostra idea della stare insieme. L’intento della riforma – ha proseguito – è quello di asciugare ‘quella spugna piena d’acqua’ che è diventata la Regione dalle tante funzioni. La Regione dovrebbe tornare ad essere un ente dedito principalmente alla programmazione ed al controllo, affidando alle autonomie locali la gestione dei servizi”. Si tratterà “di un processo graduale – ha detto ancora Pittella – all’interno di una nuova gerarchia istituzionale, di una sfida che i Comuni saranno capaci di accogliere e che riusciremo tutti insieme a vincere. Da questo processo ci guadagneranno la Basilicata ed i cittadini, ci guadagneranno i Comuni che recupereranno autonomia gestionale e ruolo giuridico, superando l’ibrido delle aree programma e con la possibilità di avere nuove funzioni e nuove responsabilità. Il vero banco di prova sarà la maturità con cui si vivrà questa nuova esperienza di unione e di concertazione da parte dei Comuni. Ed in tutto ciò non ci saranno costi aggiuntivi per la politica”.
L’Unione dei Comuni – è stato spiegato – è un vero e proprio ente locale dotato di personalità giuridica. I Comuni possono decidere liberamente se associarsi (ma c’è il vincolo dei 5 anni), non sono previste sanzioni ma meccanismi di premialità incentivanti. La condizione è quella di appartenere allo stesso Ambito territoriale ottimale, una delle sette articolazioni che hanno costituito l’ossatura territoriale prima dei Pois e poi delle Aree programma, rispettando parametri demografici
“Si parte dalle esperienze delle ex comunità montane e dalle aree programma – ha commentato il dirigente dell’Ufficio regionale Autonomia Locali, Emilio Libutti – e si giunge alla realizzazione di un nuovo ente locale. L’Unione dei Comuni consentirà la riduzione delle spese, l’economicità dei servizi attraverso la gestione associata ma soprattutto servizi efficaci ed efficienti. Altro elemento essenziale è che la Regione Basilicata ne approfitterà per mettere ordine alla materia e alle diverse stratificazioni degli ultimi anni”.
Il passaggio dal vecchio al nuovo sistema avverrà attraverso la ricognizione del patrimonio e di tutte le situazioni pendenti e l’acquisizione da parte delle Unioni dei Comuni.
Le Unioni avranno in dotazione le sedi e il patrimonio delle ex Comunità montane, oltre che delle risorse umane che hanno consolidato in quell’ambito le loro esperienze professionali. Per quanto riguarda i 170 dipendenti delle ex C.M. la Regione si farà carico di un adeguato piano di formazione e di riqualificazione.
L’Unione, poi, procede ad approvare il proprio Statuto, in cui si individuano la sede, l’organizzazione, le funzioni degli organi e ogni altro aspetto legato al funzionamento saranno individuati nello Statuto.
In dotazione al nuovo Ente anche i finanziamenti regionali e statali previsti per incentivare le Unioni. La Regione attualmente ha stanziato nel bilancio 2014 una prima tranche di 500 mila euro per sostenerne l’avvio.
Da considerare anche che il nuovo ciclo di finanziamenti comunitari (gli unici che di fatto sono disponibili) aprono prospettive per realizzare progetti condivisi da aree più vaste di comunità locali in cui ogni piccolo Comune potrebbe trovare occasioni di infrastrutturazione e di miglioramento complessivo delle condizioni di sviluppo dei propri territori. La presentazione di progetti da parte di forme associate di Comuni e non più per singolo ente avrebbe anche il vantaggio di evitare la frammentazione e la polverizzazione delle risorse europee.

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