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Effetto referendum: la Shell rinuncia alla ricerca di gas e petrolio nel Golfo di Taranto?

Voci di corridoio ritengono verosimile l’uscita di Shell‬ dallo scacchiere del Golfo di Taranto‬ dove la controllata italiana del gruppo olandese ha presentato due istanze per la ricerca di idrocarburi.
Si tratta delle istanze d 73 F.R-.SH e d 74 F.R-.SH, che interessano aree pesantemente “tagliate” dai recenti decreti di riperimetrazione del MISE, scaturiti dalle norme contenute nella Legge di Stabilità e, più a monte, dalla pressione esercitata dal Referendum‬ ‎NoTriv‬.
“Ove confermato, il passo della Shell potrebbe esser stato determinato da un serie di concause – dichiara Rosella Cerra, del Coordinamento Nazionale No Triv – : in primis, il taglio di oltre 450 kmq di mare posti entro i limite delle 12 miglia, su un totale di 1.350 kmq (vedi mappa) che per Shell facevano parte di un solo unico grande progetto”.
In seconda istanza, come già accaduto per la Petroceltic alle Tremiti, anche Shell potrebbe essere stata indotta ad allentare la presa ai causa dei ripetiti cambiamenti normativi che si sono registrati in Italia dal 2009 – anno di presentazione delle istanze – ad oggi. Il Referendum è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Secondo Alessandro Gaudio e Francesco Delia del Coordinamento Nazionale No Triv, il Gruppo Shell starebbe spostando le sue mire in aree in cui le prospettive di business sono più promettenti: ad esempio, in Medio Oriente, dove conta una significativa presenza soprattutto in Qatar e, in prospettiva, soprattutto in Iran, recentemente “sdoganato” dalla fine dell’embargo.

Coordinamento No Triv – Terra di Bari

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