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Il Cavaliere Templare di Tursi, il libro di Salvatore Verde presentato in Mediateca per l’appuntamento del mercoledì dell’Unitep Matera

I templari sono passati anche da Matera. Lo testimonierebbero la presenza della chiesa della Materdomini appartenuta ai Cavalieri di Malta e il Monastero di Picciano. Lo ha dichiarato Salvatore Verde, in occasione della presentazione avvenuta a Matera nella mediateca provinciale del suo ibro “Il cavaliere templare di Tursi”, pubblicato lo scorso anno dalla casa editrice di Giuseppe Laterza e proposto per l’appuntamento del mercoledì dall’Unitep. Salvatore Verde, esperto di storia locale, oltre che insegnante tursitano della scuola dell’Infanzia, giornalista e autore di testi per il cinema. La prima presentazione è avvenuta a Genova il 2 giugno del 2012 alla presenza del sindaco Marco Doria, ultimo discendente della dinastia doriana. Il legame storico tra la Basilicata e la nobile famiglia genovese dei Doria è accertato dal fatto che nella seconda metà del XVI secolo Andrea fu principe di Melfi e Carlo duca di Tursi. La dinastia dei Doria si è sviluppata fino alla fine del 1700 e il Palazzo Tursi, maggiore residenza ligure dei Doria, ospita il municipio di Genova, città in cui risiede la comunità più numerosa di tursitani, di circa sei mila persone.

“Per oltre cinquant’anni nessuno – dichiara Salvatore Verde – nessuno si è preoccupato di dare una spiegazione storica ad un sarcofago ritrovato nel centro storico di Tursi in cui erano seppelliti un cavaliere con il suo cavallo e sono state rinvenuti monete e reperti chiaramente riconducibili alla presenza di un Templare. Prima di dare alle stampe questa pubblicazione ho approfondito gli studi effettuati dalla professoressa Bianca Capone Ferrari, uno dei maggiori esperti delle presenze monastico-cavalleresche nella regione Basilicata. Si contano infatti circa cinquanta luoghi e quarantasei paesi lucani nei quali è riconosciuta la presenza di templari”.

“La Chiesa – sottolinea Salvatore Verde – non solo preferisce ignorare questa ricostruzione storica ma sta cercando persino di cancellare la storia degli arabi presente a Tursi. Credo che dopo aver riconosciuto l’ingiusta condanna di Galileo Galilei la Chiesa dovrebbe avere l’umiltà di rivedere il giudizio negativo sui Templari e favorire la loro riabilitazione in modo da promuovere anche un itinerario turistico nei luoghi segnati dal passaggio dei cavalieri che combattevano per Cristoco”.

Ad illustrare gli aspetti storici legati al tema dei templari affrontato da Salvatore Verde.è stato Angelo Salfi, docente dell’Unitep Matera: “Questo libro ha il merito, non piccolo, di impegnarsi nella disamina di fatti e circostanze talora avvolti nel mistero, per mancanza di materiale documentario in senso stretto ma vivi nella fantasia e nell’immaginazione collettiva. Attraverso questa ricerca, la sua terra entra in contatto con i grandi eventi che in un tempo remoto hanno interessato l’Occidente cristiano. Tursi, la Basilicata, il regno svevo-normanno si affacciano al proscenio in una delle più complesse vicende che abbiano smosso interi popoli per interessi di natura spirituale, ma anche per il conseguimento di vantaggi materiali: le Crociate. Di qui muove l’indagine difficile e accattivante sul “cavaliere templare di Tursi”. Un’indagine che acquista credibilità anche per l’umiltà e il garbo del ricercatore. La difesa del Santo Sepolcro poneva alle coscienze degli uomini un interrogativo inquietante e scelte non di rado laceranti: la difesa imponeva la necessità di riconoscere un nemico da combattere e uccidere in nome dell’amore totale e assoluto che nel sepolcro aveva stanza. La soluzione sarebbe venuta dai teologi e sarebbe stata individuata nella guerra giusta. Insomma, i difensori del Sepolcro di Cristo compivano un atto d’amore uccidendo gli infedeli. In questa cornice si afferma il ruolo del monaco combattente: segnato anche visivamente con la croce, il cavaliere si impegnava a difesa della fede e si esaltava nell’attesa del martirio che gli avrebbe consentito di raggiungere il suo Creatore. Dunque nacquero in Gerusalemme e si diffusero in tutta Europa gli ordini monastico-cavallereschi e tra questi figurano anche i Templari. La Basilicata non fu estranea al grande moto peregrino che portò le moltitudini in Oriente e questa è anche la prova della presenza sul nostro territorio dei “milites Christi”. Sappiamo con certezza che molti cavalieri e fanti crucisegnati sono partiti dalla terra di Lucania per compiere quel pellegrinaggio armato che avrebbe dato loro fama, beni terreni e meriti sufficienti per vedere schiudesi al loro cospetto, nel malaugurato caso della morte in battaglia, le porte del Paradiso. Per quanto riguarda il libro di Salvatore Verde se è vero che non ci sono fonti d’archivio per affermare che da Tursi sia passato un templare è anche vero che si considerano fonti documentarie anche i reperti archeologici, i resti di varia natura, gli stemmi araldici, le iscrizioni, la toponomastica. Nel caso in questione gli indizi non mancano davvero. C’è la simbologia dell’Agnus Dei, simbolo notoriamente templare, effigiata nella cattedrale diocesana di Anglona; la presenza di resti della chiesa-casa con ospedale di San Lazzaro, l’appartenenza alla Commedia di Grassano della chiesa di San Giovanni del Pantani sita nei pressi del fiume Agri, tra il ponte della Rabatana e il colle di Anglona; la sopravvivenza dell’antico toponimo “Ponte Masone”, di probabile derivazione dal francese “Maison, che si traduce come mansione, casa, domus, dunque luogo di residenza dei templari, un intrigante stemma nobiliare, il ritrovamento di monete con l’iscrizione “Hierusalem”, tra San Lazzaro e Ponte Masone e di altre con la croce templare. In questo contesto si inserisce il sarcofago ritrovato nei pressi della chiesa di San Michele Arcangelo. Forse l’ipotesi del volume non può essere completamente dimostrata ma è certo che non può essere totalmente confutata”.

Alla luce di quanto affermato crediamo che si possa condividere l’affermazione di Salvatore Verde in cui afferma che “nella storia le rivisitazioni sono possibili e gli approfondimenti indispensabili, perché la ricerca ha bisogno di ipotesi feconde e non di dogmi”.

 

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