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Il consumo pro-capite di pane in Italia nel 2014 è sceso di 90 grammi al giorno

Il consumo del prodotto pane non mostra segni di miglioramento. E’ quanto emerge dalla contrattazione nazionale di Assopanificatori della Confesercenti in sede ministeriale, pienamente condivisa da Angela Martino coordinatrice del sindacato Assopanificatori di Matera; i consumatori continuano a premiare l’attrattiva del prezzo rispetto alla qualità delle produzioni artigiane, tant’è che negli ultimi anni c’è stata la crescita delle produzioni industriali di pane e di prodotti da forno la cui provenienza è – almeno per le materie e i preparati di base – di origine estera.
A questo si aggiunga che nel 2014 il consumo pro capite di pane degli italiani è sceso al minimo storico di circa 90 grammi al giorno; negli anni 80 era 230 grammi negli anni novanta 197. Si è, dunque, assistito ad un inesorabile crollo mentre la spesa delle famiglie per “pane e cerali” si è ridotta del 6%. Se risaliamo a inizio crisi, dal 2007 al 2013 la spesa per pane e cereali si è ridotta del 15,4%. Ad aggravare il quadro c’è il dato dell’aumento dei costi di gestione, significativamente appesantito nelle sue componenti fisse, mentre il prezzo del pane fresco in questi anni ha subito rincari addirittura inferiori a quelli dei generi alimentari nel loro complesso, 7% a fronte di un 8,% complessivo del food, in controtendenza con il pane confezionato che ha registrato aumenti tendenziali più alti.
Bisogna introdurre novità legislative importanti per il settore, come la disciplina della panificazione fresca e la tutela dei panifici artigiani; passando alla contrattualistica di settore, ben venga il rafforzamento della bilateralità che riafferma lo strumento della contrattazione di secondo livello territoriale ed aziendale con tutte le peculiarità ad esso legate. Centrale e strategico è il ruolo della formazione continua quale strumento di potenziamento delle politiche di qualità a difesa del settore sia delle aziende che dell’occupazione.
Sulla questione dell’occupazione – continua Martino – bisogna incentivare il ricambio generazionale e il turn over quali segnali evidenti di salute del settore e perseguire l’ammodernamento e l’ingresso di nuove energie nella panificazione. Ma questo può avvenire in un contesto di rilancio e ripresa dei consumi della domanda interna e nello specifico dei prodotti di qualità della produzione artigiana di pane e prodotti da forno e da pasticceria in un contesto di nuove modalità operative.
Infine, la lunga crisi economica di questi anni ha debilitato lo stato di salute (e patrimoniale) delle aziende artigiane che hanno combattuto una battaglia impari contro la grande distribuzione organizzata e la diffusione di prodotti di pane da semilavorati e congelati provenienti da paesi a ridotto costo del lavoro e con un differenziale dei costi di produzione smisuratamente più agevoli in termini di norme igienico sanitarie e di diritto del lavoro, in anni in cui purtroppo ha imperato la perdita del potere d’acquisto dei consumatori.

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