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La maledizione del dottorato

La maledizione della precarietà si abbatte in molteplici forme sui lavoratori della conoscenza pubblica. Che si tratti di ricercatori, dottori di ricerca o docenti della scuola pubblica non fa molta differenza. La legislazione statale li penalizza in vario modo e nei nostri territori il tutto avviene con un accanimento particolare.

Accade infatti che, per un’interpretazione originale delle norme sulla valutazione dei titoli dei docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, ai docenti che hanno svolto (anche in passato, quando quest’orientamento non c’era) il triennio di dottorato di ricerca presso l’università, vengano sottratti punteggi determinanti nelle graduatorie. Molti dei docenti che hanno conseguito il titolo di dottore di ricerca negli scorsi anni, utilizzando le norme dell’ordinamento scolastico (ispirate dai principi costituzionali che valorizzano l’alta formazione), hanno fruito del congedo dal servizio che permetteva di svolgere il dottorato presso l’Università e, pur non prestando effettivo servizio a scuola, di ottenere la relativa valutazione. Per i docenti pugliesi era tutto pacifico fino al 2011, quando il cambio di registro per l’USR Puglia, provoca un terremoto tra dottori e dottorandi che lavorano nella scuola con chiamate dalle graduatorie ad esaurimento: gli uffici dell’Amministrazione scolastica passano in rassegna i loro punteggi e a quanti abbiano fruito del congedo per dottorato di ricerca decurtano il punteggio spettante per il periodo di congedo, pacificamente riconosciuto fino ad allora. Alcuni dei docenti arrivati alle soglie del ruolo hanno perso e perderanno il prossimo anno il proprio contratto precario, mentre altri, nel frattempo divenuti di ruolo, stanno già perdendo il ruolo e rischiano addirittura il posto di lavoro.

Il ricatto per i docenti precari dei nostri territori è quindi doppio: oltre a dover vivere la propria precarietà, devono rinunciare all’alta formazione accademica (anche quando abbiano i titoli per accedervi), che li qualificherebbe maggiormente e garantirebbe docenti più preparati anche alle nostre scuole, se non vogliono rischiare di perdere quello straccio di contratto precario che hanno conquistato.

Per la FLC CGIL si tratta di un’ulteriore ragione di critica all’impianto della riforma Gelmini dell’Università che precarizza i percorsi formativi e le prospettive occupazionali dei lavoratori della conoscenza pubblica, dottorandi e ricercatori, ma anche docenti della scuola pubblica. Siamo già impegnati con le nostre strutture legali a contestare in tribunale i provvedimenti dell’Amministrazione scolastica a danno dei docenti coinvolti.

Nei prossimi giorni, inoltre, insieme alle altre realtà che organizzano il mondo dell’alta formazione accademica cercheremo di definire altri strumenti e iniziative per tutelare i lavoratori e modificare le norme della riforma Gelmini.

FLC CGIL Bari

 

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