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Lavoro, in aumento i contratti a tempo indeterminato

“I dati incoraggianti sulla crescita dei contratti a tempo indeterminato è un segnale positivo che va ulteriormente incoraggiato confermando le agevolazioni anche per il 2016”. Lo ha detto stamane il segretario generale della Cisl Basilicata, Nino Falotico, commentando i dati sull’occupazione diffusi ieri dall’Inps. “Questi dati confermano che la Cisl aveva visto bene a sostenere quella parte del Jobs Act che andava nella direzione di un contrasto alle troppe forme di precariato che hanno intrappolato un’intera generazione di persone, ormai non più giovani, che si sono barcamenati per anni tra un contratto a tempo determinato e una collaborazione coordinata e continuativa o sono stati costretti ad aprirsi una falsa partita Iva per poter continuare a lavorare”.
“È del tutto evidente che una parte consistente delle trasformazioni – ha aggiunto Falotico – è dovuta ai forti incentivi stanziati per il 2015 per rendere il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, mai come oggi, più conveniente delle altre forme di lavoro precario e che gli stessi incentivi dovranno essere confermati per consolidare la tendenza in atto, ma bisogna anche aggiungere che nel piatto della bilancia ci sono maggiori diritti per chi prima non ne aveva, dalle ferie alla malattia. Ora si tratta di scalare la montagna della disoccupazione che non hanno né contratti stabili né precari che nella nostra regione sono oltre 30 mila, cui vanno aggiunti altre 50 mila persone che non cercano più lavoro perché scoraggiati dalla crisi economica”.
“L’unica strada – ha spiegato il segretario della Cisl lucana – è ridurre le tasse a lavoratori e pensionati per far ripartire i consumi e la crescita. Per questo stiamo continuando sul territorio la campagna di raccolta firme promossa dalla Cisl per una legge di iniziativa popolare che riformi il fisco nel senso di una maggiore equità sociale. In questa coda di crisi, appena mitigata da una timida ripresa, rivendicare una maggiore equità non vuol dire fare una mera redistribuzione fiscale, ma significa mettere più soldi in tasca alle fasce sociali che hanno una maggiore propensione al consumo”.

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