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Le acque reflue di Genzano di Lucania: La gestione del depuratore rischia il commissariamento

“Mentre si cerca di trasformare l’Italia in un Paese normale, compiendo un percorso di digitalizzazione e di riforme della burocrazia, e di mettere in piedi le complesse basi per una transizione ecologica al cui centro c’è il rispetto per l’ambiente e il territorio in cui si vive, di colpo, la situazione spesso drammatica dell’Italia, ci fa trovare catapultati in una realtà da Terzo Mondo. Una comunità come quella di Genzano, in Basilicata, ha un terzo degli abitanti senza rete fognaria, e tutto confluisce in una vera fogna a cielo aperto, mentre il depuratore è funzionante al 50% del suo potenziale”.
È quanto dichiarato dal senatore lucano M5S, componente delle  commissioni Giustizia ed Ecomafie, Arnaldo Lomuti, che, sollecitato dal consigliere comunale pentastellato, Domenico Teto, ha fatto un sopralluogo nella cittadina in provincia di Potenza accompagnato dai deputati sempre M5S, Luciano Cillis, della Commissione agricoltura, e la siciliana Caterina Licatini, commissione Ambiente e commissione Ecomafie.
Erano presenti anche il direttore generale dell’Acquedotto Lucano, Enrico Gerardo Marotta, e il sindaco della comunità, Viviana Cervellino.
«Sono stata in Basilicata, a Genzano di Lucania – ha dichiarato la Licatini – per capire come trovare una soluzione a una situazione incresciosa che è oggetto di una procedura di infrazione e che mi ricorda tanto quella della mia Sicilia. Dove da anni, ora anche come parlamentare, combatto in ogni modo possibile. Per me è inconcepibile pensare che per decenni si siano costruiti interi quartieri senza predisporre una rete fognaria adeguata. E non c’è dubbio che a Genzano ci troviamo in situazioni analoghe alla mia Sicilia, con una parte della rete fognaria priva di un collettamento e un convogliamento delle acque reflue al depuratore. Il quale, a sua volta, non funziona adeguatamente dato che presenta una carica batterica non a norma».
«Acque reflue “non a norma” che poi finiscono o nei campi o nella diga di Genzano e ritornano nel ciclo della catena alimentare umana»ha spiegato il deputato Cillis.
Eppure, l’Acquedotto lucano, per sanare la questione di Genzano aveva avuto ben 3 milioni e 170 milioni di euro già nel 2002, opera rifinanziata nel 2013, senza che a tutt’oggi sia mai partita.
Fondi che non si sa al momento come siano stati ripartiti e spesi né le priorità sostitutive assegnate successivamente dall’ente idrico lucano.
“Appena rientro a Roma – ha promesso Caterina Licatini – cercherò di capire come sono stati impegnati questi fondi e non escludo, se l’Acquedotto lucano non si dimostra in grado di poter realizzare i completamenti della rete fognaria di Genzano, di chiedere il Commissariamento della gestione del depuratore”.

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