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L’Ente Irrigazione chiude

L’Ente Irrigazione chiude. Per sempre. L’ufficialità non c’è ancora, ma l’intesa di massima è stata raggiunta lo scorso mese, nell’ultima riunione del comitato di sorveglianza. Si ripartirà dalla società ‘Acqua spa’, creata dalla Regione Basilicata per gestire i grandi schemi idrici, cui la Puglia ha deciso di aderire sin dal 2008. Fabiano Amati, assessore pugliese ai Lavori Pubblici, ha confermato che la soluzione è vicina: “Aspettiamo gli esiti, ma c’è grande sintonia con la Basilicata. Con il governatore De Filippo ci siamo lasciati con un accordo: si ricomincia da dove abbiamo lasciato, disponibili a rivedere le decisioni prese all’epoca per renderle più compatibili con lo stato dell’Eipli”. Attualmente, l’Eipli ha circa 130 dipendenti e un buco di bilancio di 100 milioni di euro; oggi deve gestire tre schemi idrici (Basento-Bradano, Ofanto e Jonico-Sinni) che comprendono sia dighe che condotte; i suoi clienti sono gli Acquedotti Lucano e Pugliese, l’Ilva, i consorzi di bonifica, i quali sono a loro volta in pesante deficit (non pagano le bollette da decenni).

Le Regioni Puglia e Basilicata si sono proposte di farsi carico dei posti di lavoro, della gestione ordinaria e di parte dei debiti accumulati, ma chiederanno al Ministero dell’Agricoltura di mantenere l’impegno ad erogare i 30 milioni promessi nell’ultimo piano di risanamento. “L’importante è che tutto si decida in fretta – ha detto Amati – perché dobbiamo assumere la gestione nello spirito della razionalizzazione e dell’efficienza. È l’ultimo tassello nel processo di semplificazione ed efficienza cominciato con l’accordo di programma e continuato con la scissione degli acquedotti. Ed è un grande investimento sulla nostra capacità di autogestirci come regioni meridionali”.

Finirà, così, dopo più di 60 anni, la storia dell’Ente Irrigazione (nacque nel 1947). In passato, vari governi avevano cercato di cancellarlo (3 volte Berlusconi, poi D’Alema, Ciampi e Dini), ma invano. Ed a nulla è servita la resistenza di Saverio Riccardi, il quale si appellò al senatore Emilio Colombo, per cambiare il corso degli eventi.

 

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