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L’ordinanza della Basilicata: chiuse tutte le scuole fino al 3 dicembre ma occorrono dati certi, maggiore sicurezza e chiusure differenziate

Con l’ordinanza numero 44 di domenica 15 novembre, il Presidente della Regione Basilicata Vito Bardi ha imposto la chiusura della scuola primaria e secondaria di primo grado. Secondo le dichiarazioni rilasciate, la decisione si è resa necessaria a fronte del forte aumento dei contagi registrato nell’ultima settimana e per un aggravamento della pressione a carico delle strutture sanitarie regionali.
Ma la riapertura delle scuole ha realmente contribuito all’aumento dei contagi da Covid-19? L’argomento è molto dibattuto e comunque la loro chiusura si è già rivelata una misura sanitaria al momento inefficace almeno nelle regioni limitrofe, dove l’impennata di diffusione del virus non ha rallentato neanche a diversi giorni dalla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado.
Molte sono state le proteste pacifiche contro la DAD ma certamente il consenso non è unanime, tra sostenitori della chiusura, e chi invece ha paura di portare i propri figli a scuola.
Riecheggiano nelle nostre menti le recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio Superiore di Sanità (CSS) nonché componente del Comitato Tecnico Scientifico (CTS), Franco Locatelli che in un’intervista al Foglio, ha parlato proprio del sistema scolastico: “…La nostra scuola è nelle condizioni di assicurare la sicurezza degli studenti fino alla fine dell’anno scolastico. Continuare con la DAD espone i ragazzi a una depravazione sociale, culturale e affettiva”. Dichiarazioni che sono state pienamente condivise dalla ministra Azzolina, che si sta battendo da tempo per la ripresa delle lezioni in aula. E ancora, le parole del Presidente dell’istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, che avrebbe spiegato in un incontro tra il premier Giuseppe Conte e i capi delegazione delle forze di maggioranza che, sul fronte scuola, la fascia più a rischio contagi è quella degli studenti dai 14 ai 18 anni, peraltro già costretti alla DAD al 100% da uno degli ultimi Dpcm.
Infine, ripensiamo alle parole del Dirigente medico ASP e componente dell’Unità di crisi regionale Dott. Vincenzo Barile, che si è detto fermamente contrario al provvedimento di chiusura delle scuole, affermando pubblicamente che “…dai dati si evince chiaramente che le percentuali più alte di infezioni Covid-19 sono concentrate tra i 20 ed i 60 anni e sono legate al lavoro ed alla socialità. Si sta sbagliando obiettivo e non è un problema da poco perché dall’individuazione del problema e dalla soluzione dipende la tenuta degli ospedali.”
La sensazione che si va diffondendo è che manchi un monitoraggio preciso dell’andamento dei nuovi positivi, che invece sarebbe necessario, anche per evitare chiusure che hanno pesanti riflessi sul futuro degli studenti per non parlare delle enormi ripercussioni sulla stabilità psicologica ed economica di intere famiglie.
Ed è un articolo del quotidiano La Stampa di oggi 17 novembre che ci ricorda uno degli aspetti più importanti di queste chiusure denunciato dall’ associazione Save the children: “…Ci sono le zone rosse del contagio, che tutti contiamo di dimenticare in fretta. E poi ci sono le zone rosse della povertà educativa, che invece sono destinate a pesare a vita in chi le abita. Un minore su nove, nel nostro Paese, viveva in condizioni di povertà assoluta già prima della pandemia. Poi il Covid-19 ha fatto sparire dai radar delle scuole centinaia di migliaia di studenti. Ora le lezioni a singhiozzo e le opportunità formative assottigliate rischiano di creare un esercito di svantaggiati. Soprattutto donne: 1 milione 140 mila ragazze fuori dallo studio, dal lavoro e da qualunque percorso di formazione….”
Emerge con chiarezza che la chiusura delle scuole non è sempre l’atto più utile a controllare i contagi, di contro, ha certamente effetti devastanti nei bambini: l’Ospedale pediatrico Gaslini di Genova, per esempio, ha rilevato come l’isolamento a casa durante l’emergenza da COVID-19 ha causato l’insorgenza di problematiche comportamentali e sintomi di regressione nel 65% di bambini sotto i 6 anni e nel 71% di quelli di età compresa tra i 6 e i 18 anni.
Meritocrazia Italia Basilicata chiede, anche attraverso la voce autorevole di chi vive quotidianamente la scuola, di implementare la sicurezza nelle scuole mediante introduzione dei test rapidi che seppure considerando i possibili limiti nelle caratteristiche del test, potrebbe accelerare la diagnosi di casi sospetti di Covid-19 e facilitare la decisione di applicare o meno misure di quarantena in tempi brevi e con un risparmio notevole di risorse.
Richiede inoltre di ripensare alla decisione presa nell’ordinanza 44, con contezza di dati reali e tenendo in debita considerazione il disagio delle famiglie generato dal rientro nelle mura domestiche di bambini di età inferiore ai 14 anni e perciò necessitanti di “sorveglianza e cura”: in altri termini, della presenza obbligatoria di un genitore o in moltissimi casi della generazione più anziana e certamente più fragile al cospetto di questo nemico invisibile.

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