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Mieloma multiplo: crescono i malati (+ 126%), ma raddoppia la sopravvivenza (52,1% negli uomini e 53,6% nelle donne)

In Italia, ogni anno, 5.600 persone si ammalano di Mieloma multiplo, tumore che si sviluppa da alcune cellule del sangue che si trovano nel midollo osseo. È la seconda neoplasia ematologica per frequenza, con un’incidenza in crescita (+ 126%). Fortunatamente, grazie all’introduzione dei nuovi e nuovissimi farmaci nel suo trattamento, la sopravvivenza negli ultimi anni è più che raddoppiata rispetto al passato (52,1% negli uomini e 53,6% nelle donne a 5 anni dalla diagnosi), ma soprattutto si è registrato per la prima volta un miglioramento della sopravvivenza anche nei pazienti con più di 80 anni d’età.

 

Si è parlato di questo nel corso dell’evento “BREAKTHROUGH INNOVATION – L’ESEMPIO PARADIGMATICO DELL’EVOLUZIONE TERAPEUTICA NEL MIELOMA MULTIPLO”, organizzato presso la sede della Regione Puglia a Bari da Motore Sanità.

 

NUOVE OPPORTUNITÀ DI CURE

“La ricerca in campo medico-farmaceutico è fondamentale per conoscere e combattere malattie come il Mieloma multiplo di cui parliamo in questo incontro”, spiega Rocco Palese, assessore alla Sanità e al Benessere animale della Regione Puglia. “La ricerca, supportata dall’innovazione tecnologica e dalle biotecnologie, è in grado di diagnosticare la malattia in modo sempre più preciso e di definire le migliori indicazioni terapeutiche per ogni singolo paziente. E questo è un contributo fondamentale che le tecnologie possono dare alla medicina, per cercare di definire il protocollo di cura ma anche di prevenzione sempre più efficaci, che aiutino i pazienti ad affrontare la malattia con sempre maggiori speranze.”

 

“Il mieloma multiplo è, purtroppo, uno dei tumori del sangue più diffusi, ma la ricerca negli ultimi anni ha fatto grandi passi in avanti offrendo nuove possibilità di cura”, conferma Vito Montanaro, direttore Dipartimento regionale Promozione della salute, del benessere sociale e dello sport per tutti. “Opportunità che la Regione Puglia ha fatto proprie, seguendo le indicazioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco e garantendo ai pazienti pugliesi percorsi terapeutici efficaci. Inoltre la Regione Puglia può contare sulla Rete ematologica per l’indicazione di percorsi terapeutici con presa in carico del paziente a 360 gradi”.

“A fronte di anni di vita guadagnati, si rende necessaria elasticità di investimento – commenta Francesco Colasuonno, responsabile PO Registri di Monitoraggio AIFA e Centri Prescrittori Sezione regionale Farmaci, Dispositivi Medici e Assistenza. “A tal proposito, la Regione Puglia ha dato obiettivi precisi per il contenimento della spesa farmaceutica, liberando risorse per i farmaci di nuova commercializzazione per questa patologia”.

 

È importante offrire ai pazienti pugliesi terapie il più innovative possibili, soprattutto quando la malattia recidiva diventa difficile da trattare e/o resistente alle terapie convenzionali. A ribadirlo Angelo Michele Carella, responsabile della U.O. Ematologia e Centro Trapianto di Midollo Osseo e Terapie Cellulari dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo: “Il nostro obiettivo è di trattare nei prossimi mesi pazienti con terapie cellulari CAR-T, le cellule del paziente vengono prelevate, modificate per riconoscere e uccidere il bersaglio, e poi reinfuse con un’unica infusione. Il ‘farmaco vivente’ potrà essere impiegato in pazienti con almeno tre terapie precedenti (inclusi un agente immunomodulatore, un inibitore del proteasoma e un anticorpo anti-CD38) e che hanno dimostrato progressione di malattia; Ie CAR-T nei pazienti affetti da mieloma multiplo che hanno tentato ed esaurito le numerose opzioni terapeutiche possono offrire nuove opportunità di cura in grado di cambiare la storia naturale della malattia. Ma nel nostro Istituto nell’ultimo anno abbiamo sperimentato e utilizzato farmaci bispecifici di ultima generazione nelle terapia delle recidive e, per i pazienti giovani, nuove combinazioni nella terapia di mantenimento post autologo; in conclusione, le sperimentazioni cliniche consentono di offrire ai pazienti farmaci sempre più efficaci e di precedere l’utilizzo degli stessi prima dell’autorizzazione e dell’immissione in commercio”.

 

INTEGRAZIONE OSPEDALE-TERRITORIO

Gli standard clinici, organizzativi e assistenziali devono puntare sull’integrazione ospedale-territorio, valorizzando i servizi di prossimità; e coniugare l’equità nell’accesso ai servizi sanitari con la qualità e la sicurezza degli utenti e degli operatori. “Pertanto risulta indispensabile ridisegnare i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) alla luce delle nuove evidenze scientifiche e opportunità di cura, definendo percorsi flessibili di cura che prevedono la partecipazione diretta e attiva di tutti i soggetti coinvolti, in ambito territoriale ed ospedaliero, favorire quindi l’attuazione consequenziale e coordinata delle attività del Team multidisciplinare di assistenza, e facilitare la comunicazione con i pazienti e le loro famiglie, anche grazie all’uso degli strumenti di telemedicina”, chiosa Bernardo Rossini, dirigente medico Unità Operativa Ematologia e Terapie Cellulari IRCCS Giovanni Paolo II, Bari.

L’innovazione tecnologica e di processo in sanità, e nella fattispecie la telemedicina, come noto, consentono l’erogazione di servizi di cura ed assistenza, in situazioni in cui la distanza è un fattore critico. Di recente si sta definendo un modello di assistenza definito Flexible poin of care, che si riferisce alla capacità di fornire cure o test diagnostici in vari setting diversi dall’ospedale o dalla clinica, ad esempio presso il domicilio del paziente, o presidi medici di comunità in prossimità del domicilio del paziente. Questo modello di assistenza è spesso facilitato dall’uso di tecnologie di Point-of-Care Testing (POCT) che consente di effettuare esami in strutture prossime alla residenza del paziente ma in modo tale che il paziente, il medico e il Team di assistenza dispongano dei risultati degli esami quasi contemporaneamente all’atto della misurazione, con l’obiettivo di muovere le informazioni diagnostiche anziché il paziente. In ultima analisi i tempi sono maturi per pensare ad un servizio sanitario che si pone al servizio di quelle persone che hanno difficoltà a viaggiare e raggiungere il centro ospedaliero, favorendo le visite o la somministrazione di terapie presso il proprio domicilio o un setting di comunità.

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