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Ospedale di Molfetta, interventi alla prostata con “paziente vigile” e decorso più breve grazie all’anestesia spino-peridurale

Interventi per neoplasie alla prostata con “paziente vigile” e un decorso post-operatorio rapidissimo, con una degenza media di cinque giorni prima di tornare a casa. Sono i risultati del lavoro multidisciplinare che, da oltre un anno, coinvolge le due équipe di anestesisti e urologi dell’Ospedale “Don Tonino Bello” di Molfetta.

Il percorso congiunto prevede l’esecuzione sistematica degli interventi di prostatectomia radicale non più in anestesia generale ma in anestesia spino-peridurale. Con vantaggi tangibili in termini di riduzione del dosaggio dei farmaci somministrati normalmente per indurre un’anestesia generale e quindi riduzione dei  loro effetti collaterali; mantenimento del respiro spontaneo da parte del paziente senza utilizzo del ventilatore polmonare durante l’intervento; precoce ritorno alla mobilità con ridotta incidenza di trombosi venosa profonda a carico degli arti inferiori; stabilità emodinamica maggiore e funzione respiratoria meno compromessa al termine dell’intervento chirurgico.

La procedura spino-peridurale, che viene ovviamente utilizzata in taluni casi nei Centri chirurgici della ASL Bari, è ormai parte del patrimonio dell’Unità operativa di Urologia, diretta dal dr. Vincenzo Verriello, un reparto che nel 2019 ha eseguito 420 interventi (80 maggiori e 136 in urgenza) e garantito più di 12mila prestazioni ambulatoriali, oltre a 153 day service chirurgici e 70 oncologici.  Numeri che arricchiscono l’attività complessiva del Dipartimento di Urologia della ASL, diretto dal dr. Vito Ricapito, in cui nello stesso periodo 2019 sono stati eseguiti quasi 1700 interventi chirurgici, con 20.800 prestazioni ambulatoriali.

«L’unità operativa di Urologia di Molfetta – spiega il dr. Carlo Curatolo – è inserita nella Rete Oncologica Pugliese con circa 40 procedure annuali su Neoplasie Prostatiche. L’impiego sistematico della tecnica di supporto anestesiologico sin dal 2019 ha dato ottimi risultati sia per le condizioni di salute del paziente sia per i tempi di degenza e di recupero della funzionalità. Abbiamo utilizzato questa tecnica non solo per le neoplasia ma anche per interventi su adenomi prostatici vasti operati “in open”. In generale si tratta di operazioni delicate e con un notevole impatto perché la prostata è un organo difficile da raggiungere, poiché collocato in profondità. Offriamo il massimo supporto possibile al paziente – continua Curatolo –, che già in seconda giornata sta in piedi, e abbiamo risultati paragonabili a quelli ottenuti con la tecnica robotica, oggi molto in voga ma molto più costosa».

Il binomio tra tecnica e manualità chirurgica e raffinata procedura anestesiologica risulta vincente. «L’anestesia spino-peridurale – sottolinea Lidia Perona, anestesista del “Don Tonino Bello” specialista in questa tecnica  – rappresenta la combinazione di una classica anestesia spinale, che garantisce l’analgesia intra-operatoria, e il posizionamento di un cateterino peridurale che possa servire sia durante l’intervento, per rinforzare l’effetto dell’anestesia spinale, qualora necessario, ma in particolare nel post-operatorio per assicurare il controllo del dolore per almeno 48 – 72h. In pazienti “fragili”, anziani, pluripatologici la selettività dell’anestesia è un requisito fondamentale per eseguire una buona tecnica anestesiologica».

A tal proposito va precisato che durante l’intervento, benché venga risparmiata al paziente l’intubazione oro-tracheale prevista nell’anestesia generale, il paziente non conserva un pieno livello di vigilanza, ma raggiunge comunque una condizione che si può comunemente definire di “dormi-veglia”, cioè un sonno da cui il paziente può risvegliarsi facilmente con lo stimolo verbale e in assenza di depressione respiratoria. «In tal modo – rimarca l’anestesista Franco Noviello, responsabile dell’Unità operativa semplice dipartimentale di Anestesia – ci assicuriamo che il paziente non viva con tensione il momento dell’intervento e, soprattutto, non abbia ricordi spiacevoli di un’esperienza già emotivamente delicata. Il farmaco sedativo utilizzato è la dexmedetomidina, un agonista selettivo che inibisce il rilascio di noradrenalina dalle terminazioni nervose simpatiche, per cui ne deriva un’attività sedativa, analgesica e ansiolitica. Tale farmaco – conclude Noviello – ha letteralmente rivoluzionato il concetto di sedazione in terapia intensiva come in sala operatoria».

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