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Il presepe archeologico di Carlo Guarienti nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma

Martedì 23 dicembre 2014, alle ore 17, in Roma, con la collaborazione del Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller”, nella Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri, nella Cappella dedicata al cardinale certosino Niccolò Albergati, si inaugura ‘Il presepe archeologico di Carlo Guarienti’.
Sull’onda di un ricordo di Alberto Savinio che nel 1952, su “Stile”, annunciava la ricomparsa di un presepio che certamente risaliva ad almeno mille anni prima, e ben sapendo come in mano agli artisti il presepe abbia subito il fascino della contaminazione, Guarienti è tornato a chiedersi: il vero presepio com’era? Immediata, la decisione di muovere il proprio pensiero per dove Savinio sarebbe dovuto andare, di portarsi sul luogo dove il presepio era stato trovato, di cercare di rintracciarne i diversi pezzi o i piccoli frammenti, depositati qui e là, tutti di una stessa mano eppure composti di svariati materiali, di iniziare la composizione del presepio dissepolto, copia o falso che fosse, archeologico ma verosimile, fatto della stessa sostanza lavica di quello citato da Savinio, negli spazi dove i vulcani non avevano mai avuto dimora.
Una sostanza, la ceramica ad ingobbio, la cui origine risale alla preistoria, e uno spazio subito colmo della franchezza del modellato, della pienezza della forma messa in campo da una non sopita abilità nell’invenzione di tecniche da piegare alla necessità del momento. Che fa del mantello di Maria la calda capanna del presepe, della devozione di Giuseppe la vera difesa dai mostri che si preparano ad ostacolare la crescita del Bambino, del bue e dell’asino quattro narici pronte a cacciar fiamme ardenti più che fiato caldo, degli stessi Re Magi, che nella nascita del Messia vedono già la sua fine, non solo gli uomini saggi con il dono dell’oro, dell’incenso e della mirra, ma gli astrologi con un teschio che è l’annuncio della morte in cui loro stessi sui contorcono insieme ai cammelli e, al tempo stesso, il circuito del pensiero terrestre, dell’accettazione del mistero su cui si fonda la fede.

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