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Prima nazionale de “Dio delle Zecche”, del regista lucano Giovanni Rosa

“Dio delle zecche” è un documentario che racconta la figura, la storia, le opere di Danilo Dolci, attraverso il viaggio che il figlio più giovane En percorre dalla Svezia, paese in cui è cresciuto, fino a Trappeto. Un viaggio per luoghi e persone, ma soprattutto un viaggio attraverso il tempo, alla ricerca della memoria perduta di un intero paese. Una memoria fatta di lotte, di scioperi alla rovescia, di marce per la pace. Una memoria non violenta.
“Dio delle Zecche, storia di Danilo Dolci in Sicilia”, di Leandro Picarella e Giovanni Rosa, prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Sede Sicilia in collaborazione con Labirinto Visivo, Regione Sicilia, Sicilia Film Commission, Mibact, DPS, Sensi Contemporanei, Comune di Palermo e Cantieri Culturali alla Zisa, sarà presentato in anteprima venerdì 27 giugno alle ore 21, alla Sala Cinematografica De Seta a Palermo.
En è un ragazzo svedese sui trent’anni che fino ad oggi ha lavorato nel settore vendite per aziende di moda. Da qualche mese En ha deciso di tornare in Sicilia dopo venticinque anni, per confrontarsi con il passato legato alla sua famiglia e alle sue origini.
Dolci è uno dei personaggi più poliedrici della seconda metà del Novecento italiano. La sua storia è profondamente legata a quella della Sicilia del secolo scorso e alla nascita del movimento non violento in Italia. In un’epoca di grandi trasformazioni sociali ed economiche, Dolci si è fatto promotore di un nuovo modo di pensare e agire, rivoluzionario per i suoi tempi. In un piccolo borgo come Trappeto, dove il banditismo appariva come il rimedio naturale all’impossibilità di trovare delle vie legali ai problemi della popolazione, Dolci, dagli anni Cinquanta in poi, intraprende una serie di azioni volte a costruire tra gli individui il senso della comunità e della giustizia sociale. Ma la sua figura è legata anche alla ricerca e allo studio della sociologia e della pedagogia. Per Danilo, infatti, l’attivismo deve essere supportato da una crescita personale, affinché non risulti fine a sé stesso. É per questo che nel corso degli anni la sua attività si è concentrata sullo sviluppo di nuove teorie pedagogiche che supportassero la creatività del bambino, al fine di produrre uno sviluppo più consapevole della propria individualità. Il ritorno nei luoghi paterni, spingerà En a conoscersi e a riscoprirsi attraverso la storia e i racconti legati alla figura di Danilo. Questa ricerca lo porterà ad incontrare le persone che hanno condiviso con Dolci momenti fondamentali per la storia della Sicilia. Dio delle zecche è un viaggio nel tempo, presente e passato, in cui diverse storie si intrecciano.
La storia di Danilo Dolci: la comunità e l’attivismo, i momenti più significativi di un innovatore in una terra forse non ancora pronta a un così radicale cambiamento; la memoria della Sicilia, su cui si riflette la storia d’Italia. “Dio delle zecche” è la ricerca di un legame familiare sul filo dei ricordi di un intero paese. Ricordi che, sopiti sotto le macerie di Borgo di Dio ma ripuliti dalla coltre polverosa del tempo, possono nuovamente rivedere la luce.

I materiali d’archivio utilizzati provengono dai fondi dell’Aamod, della Cineteca di Bologna, delle Teche Rai e dell’Istituto Luce; nella realizzazione ha avuto un ruolo fondamentale la casa di produzione lucana Labirinto Visivo, che ha curato la parte tecnica e logistica. Il documentario vede la partecipazione del gruppo indie rock bolognese dei Massimo Volume, con il brano “Dio delle Zecche” tratto dall’album “Aspettando i Barbari” prodotto da La Tempesta Dischi 2013, il cui testo è tratto dall’omonimo libro di Danilo Dolci edito da Mondadori (1976). Le musiche del film sono state composte ed eseguite da Antartica, progetto solista del musicista siciliano Davide Lo Iacono. La realizzazione del documentario ha impegnato i registi Leandro Picarella e Giovanni Rosa per circa un anno, in quello che si può definire un vero e proprio viaggio nella memoria. Tale ricerca ha portato alla riscoperta di materiali di repertorio inediti, come ad esempio il film documentario in tre puntate “La terra dell’uomo” di Gianfranco Mingozzi, prodotto dalla Rai nel 1986 e rimasto sepolto negli archivi Rai per quasi trent’anni e che vede coinvolti personaggi come Leonardo Sciascia, Franco Alasia, Cesare Zavattini e lo stesso Dolci. Una vicenda, quella di Mingozzi in Sicilia, che finalmente ha trovato il suo naturale coinvolgimento all’interno di questo film, riportando alla luce il lavoro del regista emiliano, considerato uno dei massimi documentaristi che abbia mai rivolto il proprio sguardo alla Sicilia e alle sue problematiche.
Csc e Labirinto Visivo stanno lavorando alla diffusione del documentario, che verrà presentato nei più importanti festival italiani e internazionali, oltre a un calendario di proiezioni nelle maggiori città. A settembre si prevede una duplice serata di presentazione a Potenza e Matera.
TRAILER: www.youtube.com/watch?v=MLUfEtd5rpc
GIOVANNI ROSA (Potenza, 1984)
Giovanni Rosa si forma presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” laureandosi in Storia Contemporanea. Nel corso del 2009 segue uno stage presso l’Istituto Luce – Cinecittà Holding, dove ha modo di approfondire la digitalizzazione e la catalogazione del materiale fotografico ed audiovisivo. I suoi interessi spaziano dal cinema documentario al mondo dell’associazionismo, dove si occupa di progettazione culturale e dell’organizzazione di manifestazioni artistiche. Nel 2011 torna in Basilicata, dove lavora a una campagna di digitalizzazione fotografica in alta risoluzione dell’intera opera pittorica (affreschi e tele) di Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa (1579 – 1656), nei territori della Campania, Calabria e Basilicata. Questo materiale prenderà forma nel corso del 2012, curando la progettazione e l’allestimento del Museo virtuale “Il Palco dei Colori” presso la Rocca “Duca di Poggiardo” a Satriano di Lucania. Nel 2014 vince il 35mo Sport Film Festival di Palermo con il corto “Ciuri ca’ curri”.

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