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Recovery Sud, 500 sindaci a Napoli per tutelare le risorse destinate al Sud

Il piano europeo di ripresa Next Generation Eu dovrà fare i conti con l’atavica questione meridionale, il divario che ha lasciato indietro il Mezzogiorno rispetto al resto del Paese dal periodo post-unitario fino ai giorni nostri. A stabilirlo sono le raccomandazioni Ue che l’Italia dovrebbe seguire per ricevere la sua fetta dei 750 miliardi di euro, che verranno assegnati dalle istituzioni di Bruxelles sulla base dei piani nazionali da presentare entro fine aprile. Nel documento che la Commissione europea ha dedicato all’Italia nel 2019, si legge, infatti, che “gli investimenti nell’assistenza all’infanzia, nell’assistenza sanitaria e nell’assistenza a lungo termine dovrebbero tenere conto delle ampie disparità geografiche nella disponibilità dei servizi”. Queste raccomandazioni rappresentano oggi l’orientamento da seguire per accedere ai fondi di ripresa. Peccato, però, che il Belpaese stia andando in direzione opposta. Una vera e propria beffa: i criteri stabiliti dal primo bando assegnano meno del 50% delle risorse totali alle aree periferiche e svantaggiate. La quota del 60% inizialmente riservata alle zone in difficoltà viene applicata solo all’80% dei fondi, facendo scendere la percentuale dell’intervento destinato alle sole aree in ritardo fino al 48%. Aveva ragione don Milani: “non si possono fare parti uguali tra diseguali”. Il bando presentato rappresenta infatti “un paradosso”: si scrivono bandi e leggi con l’obiettivo di favorire i più fragili, e poi alla fine i più fragili sono sempre i più penalizzati. Una critica che andrebbe presa sul serio dal Governo italiano, dal momento che la Commissione, sulla base degli obiettivi di superamento dei divari, potrebbe bloccare il piano italiano di ripresa. Lasciando così a bocca asciutta tanto le categorie fragili quanto i più fortunati. Al Sud doveva andare il 70%, invece c’è solo il 40: sottratti 60 miliardi. Secondo il primo cittadino di Napoli, De Magistris, i criteri usati dalla Ue per decidere quanti soldi spettavano a ogni Paese andavano applicati anche tra regioni della Penisola. La ministra Carfagna cerca di chiudere le polemiche dicendo che tra 2021 e 2026 il Pil crescerà del Sud del 22,4% rispetto al valore del 2020. Al Centro Nord solo del 13,2%.“Il Mezzogiorno e i suoi sindaci si faranno trovare pronti per affrontare la sfida del Recovery Fund. Ci auguriamo che questo governo metta ancora di più al centro i sindaci che hanno sempre il contatto diretto con le comunità. Avere dei progetti, condivisi con il territorio, approvati in tempi rapidi potrà favorire la ricostruzione del tessuto di coesione sociale che si è sfilacciato in questi anni: sarebbe un bel messaggio per l’immagine che l’intero Paese, unito nelle istituzioni, potrà proiettare verso l’esterno” ha affermato Luigi de Magistris, sindaco di Napoli e vicepresidente Anci, in occasione dell’ intervento alla Tavola rotonda promossa dalla ministra Carfagna con i sindaci metropolitani nell’ambito della “due giorni” per gli Stati generali del Sud. Domenica 25 aprile 500 sindaci del Sud saranno in Piazza Plebiscito a Napoli, per lamentare che le risorse del Recovery fund destinate all’Italia sono state ripartite in maniera iniqua con il risultato di trasferire al Nord 60 miliardi che sarebbero spettati al Sud. Tra i primi cittadini, oltre al sindaco di Napoli, anche quello di Palermo Leoluca Orlando, che nelle scorse settimane avevano anche scritto alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen chiedendo un “vincolo di destinazione” per le risorse che spetteranno all’Italia. De Magistris ha spiegato che “da Bruxelles era venuta una chiara indicazione sui criteri di distribuzione delle risorse basati su Pil, popolazione e disoccupazione“. Criteri pensati però per decidere la ripartizione dei 750 miliardi del Recovery tra i diversi Paesi Ue, ma non al loro interno. Poco importa: secondo i sindaci del Sud avrebbero dovuto essere applicati anche per stabilire quanti soldi andranno alle diverse zone del Paese. E, in base a quei parametri, al Mezzogiorno ne sarebbe spettato il 70%, circa 140 miliardi. Invece il governo Draghi, sotto la spinta di una componente fortemente settentrionale, rivede i criteri assegnando al Mezzogiorno solo il 40% dei 200 miliardi del Recovery. Va detto che la ripartizione prevista dall’ultima bozza del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) di Draghi non sembra discostarsi da quella prevista nel piano presentato a gennaio dal governo Conte: la Carfagna ha spiegato in audizione che il Sud intercetta il 50% degli invetimenti, la stessa cifra stimata dall’ex premier. La percentuale del 40% stimata per la totalità dei progetti è inoltre più alta rispetto al 34% di investimenti nel Mezzogiorno previsto come quota minima per la spesa ordinaria. Non possiamo omettere di affermare che l’Italia negli ultimi vent’anni ha accumulato un ritardo significativo, su molti indicatori economici e sociali, nei confronti delle altre principali economie dell’Europa. Il Mezzogiorno, in questo trend, ha visto a sua volta aumentare il divario, già pesante, con le aree economicamente e socialmente più forti del Paese. Tuttavia, il ritardo complessivo dell’Italia si supera solo tenendo insieme il Paese, in una strategia di sviluppo comune e condivisa che valorizzi le complementarità, le interrelazioni e le interdipendenze tra Nord e Sud.

                                                                                                                                                         Lidia Lavecchia



 

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