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Sciopero dei docenti universitari in tutta l’Italia. Presso l’Unisalento a rischio 300 esami

La fine del mese di agosto 2017 sarà ricordata per la rivolta dei professiori universitari. È partito, infatti, ieri lo sciopero di circa 5000 docenti degli Atenei di tutta Italia, per la precisione 5444 professori e ricercatori universitari e ricercatori di enti di ricerca italiani di 79 di differenti Università. Cancellati tutti gli esami, sino al 31 ottobre, rallentando di fatto il percorso degli studenti verso la laurea.
Alla base della protesta i 5 anni di blocco degli scatti salariali, unica categoria pubblica a cui si applica questa restrizione, come denunciano i docenti. Anche i professori dell’Università del Salento aderiscono massicciamente allo sciopero; al momento si stima che l’adesione sia compresa tra il 60 e il 70%.
“Ciò significa che salteranno più di 300 esami già calendarizzati per il primo appello autunnale dell’Ateneo salentino”, sottolineano i referenti dell’iniziativa, che stanno raccogliendo le adesioni. Ma la percentuale è destinata a salire, considerato per molti questo è ancora un periodo di ferie. Il rischio concreto è che tutti i 670 docenti dell’Unisalento potrebbero scioperare. “Dipende molto dall’organizzazione di ogni Dipartimento – aggiungono dall’Ateneo – in alcuni l’adesione è al 100%”.
Alle spalle dei docenti, per la cronaca, non c’è nessun sindacato o organizzazione. Alcuni mesi fa è stato creato ‘Il Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria’, un comitato promotore spontaneo di ricercatori e professori. All’inizio dell’estate il Movimento ha scritto una lettera aperta spiegando la necessità di protestare e invitando i colleghi a unirsi alla mobilitazione. Una missiva che ha ottenuto larghissimo consenso, tanto che è stata firmata da docenti di tutte le principali università italiane.
“Non è stata una decisione presa a cuor leggero – si legge nella nota – ma dopo tre anni di continue sollecitazioni ai governi, senza risposte, siamo stati costretti a proclamare lo sciopero. Non è questione di scatti, perchè con questa protesta vogliamo calamitare l’attenzione su un problema che riguarda soprattutto la dignità di una professione, sempre più bistrattata”.
Il malcontento della categoria si riferisce ad una vicenda che si trascina da anni, ovvero da quando il governo bloccò gli scatti per tutto il pubblico impiego dal 2011 al 2014. Si trattava di 3 milioni e mezzo di persone con un risparmio per la spesa pubblica di circa tre miliardi di euro per ogni anno. Ma mentre tutti gli altri pubblici dipendenti, dai magistrati alle forze dell’ordine, dall’1 gennaio 2015 hanno avuto aumenti che tenevano conto anche degli scatti mancati (senza arretrati) e hanno ottenuto anche gli effetti giuridici degli scatti, per i professori universitari, invece, questi cinque anni è come se non fossero esistiti: nessun adeguamento, nessuna modifica alle loro retribuzioni.

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