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Tabacco, De Bonis: “Il contributo alle multinazionali non è solo indiretto”

“Il tabacco è stato storicamente una delle colture più sostenute dalla PAC. Ci sono stati anni, nel passato ormai remoto, in cui la spesa per il tabacco in Italia è stata paradossalmente superiore al valore del tabacco prodotto. Dopo la riforma Fischler, nel 2006, il sostegno al tabacco è stato integrato nel pagamento unico aziendale disaccoppiato, per cui non è più legato alla sua produzione. Rimane il fatto che quel vecchio privilegio ancora produce effetti. Se si analizza infatti la distribuzione a livello territoriale dei pagamenti diretti in Italia si nota anche, negli anni recenti, una concentrazione in alcune regioni di questa coltura. Credo sia giunto il momento di puntare maggiormente su filiere vitali che tutelino l’ambiente e la salute, secondo i principi espressi anche nel Green Deal europeo”.

Lo ha dichiarato il senatore Saverio De Bonis, segretario della IX Commissione Agricoltura del Senato, nel commentare la vicenda dei contributi al tabacco.

Sulla questione dei contributi e della Philip Morris, il senatore ha precisato al Riformista: “Non si tratta di aiuti diretti, come erroneamente Coldiretti ha voluto far credere con la comunicazione fuorviante cui ci ha abituati, bensì di contributi di cui beneficia indirettamente l’azienda leader in Italia nella trasformazione del tabacco, attraverso fondi comunitari che arrivano ai produttori (mediante PAC-AGEA; PSR regionali). Quantificando a spanne, da alcune verifiche che ho fatto, stiamo parlando di aiuti per circa 9-15 milioni di euro l’anno derivanti dalla PAC su 17.000 ettari di tabacco coltivati in Italia e di circa 10 milioni derivanti dai PSR regionali. Il Ministero rettifichi queste cifre se sono inesatte: il nostro intento è unicamente quello di avere chiaro il quadro della situazione in un settore delicato come quello del tabacco. Infine, ci sono i contributi interprofessionali per i produttori e per i ‘trasformatori’ per ogni campagna, il cui importo è fissato annualmente dall’Organizzazione interprofessionale (che, lo ribadisco, è composta non solo dai produttori ma anche dai trasformatori). Il Ministero renda noto dunque anche l’importo annuale di queste contribuzioni”.

“Mi riservo di verificare – conclude De Bonis – se la Philip Morris abbia ricevuto incentivi pubblici, in conto capitale o come crediti di imposta, per la realizzazione dei suoi impianti industriali in Italia”.

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