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Un piano ‘B’ per il futuro della Tct di Taranto

Per il futuro dei lavoratori della Tct di Taranto si aprono spiragli. Una scappatoia esiste, ma tutto dipende dalle mosse dei soci della Taranto Container Terminal. L’incontro di Palazzo Chigi sulla vertenza del porto di Taranto e dei 540 addetti di Tct ha detto questo. La linea del governo è chiara: aspettare che i soci si pronuncino sull’ipotesi di accordo stilata lo scorso mese e poi rispondere.
L’incontro di ieri a Roma ha visto protagonisti il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, i sottosegretari Claudio De Vincenti e Teresa Bellanova, il delegato del Mise e responsabile dell’unità gestione vertenze Giampiero Castano. A rappresentare la città dei due mari c’erano il sindaco Ippazio Stefàno, il presidente dell’Autorità portuale Sergio Prete e i sindacati confederali e di categoria. “Mantenere aperte le prospettive del Terminal, tutelare al meglio i lavoratori” è stata la nota ribadita nelle stanze romane, perché il porto di Taranto rappresenta una priorità per il Paese e per l’Europa, nel quadro del cosiddetto Corridoio Nord-Sud.
Nel richiamare l’azienda al massimo senso di responsabilità, il Governo ha confermato il suo impegno ad operare per mantenere aperte le prospettive produttive e occupazionali del Terminal e tutelare al meglio i 540 lavoratori interessati dalla vertenza. In calendario c’è già un altro vertice, fissato per il 17 giugno, alle ore 18, esattamente cinque giorni dopo l’assemblea dei soci di Tct in cui, si presume, si siano delineati gli orizzonti. Una cosa è comunque certa: col placet o senza sull’accordo, il Governo ha dato piena rassicurazione: sulla tenuta occupazionale non si prescinde dai 540 operatori di Tct. Soluzioni come mobilità o esuberi non rientrano nel campo dei presupposti accettabili.
Sugli ammortizzatori sociali, inoltre, la strategia è chiara: fino al giorno in cui Tct dichiarerà le proprie intenzioni, i lavoratori sono pagati per intero dalla società. La normativa prevede, in caso di liquidazione, 75 giorni in cui gli stipendi sono garantiti al 100%. Se, invece, dovesse scattare la cassa integrazione per ristrutturazione, si tratterebbe del quarto anno.

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