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Il Vulcanica Live Festival chiude sulle Cattive Strade

Si è conclusa ieri la sedicesima edizione del Vulcanica Live Festival. A Palazzo G. Fortunato sono stati quattro giorni intensi di cinema, laboratori, workshop, e musica dal vivo, con i concerti di Safayeh, Babele e Diaframma, a caratterizzare una manifestazione che anche quest’anno ha saputo diversificarsi e colorarsi attraverso elementi di qualità. Ieri il gran finale con il momento più atteso, lo spettacolo “Le Cattive Strade” di Andrea Scanzi e Giulio Casale che proprio a Rionero in Vulture è andato in scena per la prima volta in tutto il Sud Italia.
Circa 90 minuti di parole e note per ripercorrere la storia musicale, e non solo, di Fabrizio De Andrè. La narrazione, affidata alla voce di Scanzi, procede secondo un ordine cronologico guidando lo spettatore nell’ evoluzione artistica di Faber. Dagli esordi sulle navi da crociera alla scoperta del mondo degli emarginati, come per il suo maestro Brassens, fino alla piena maturità raggiunta con i concept album. E poi anche il De Andrè meno noto, quello terrorizzato dai concerti, dell’alcol per farsi coraggio, quello contestato da un pubblico fortemente militante.
A fare da contrappunto al racconto, la chitarra e la splendida voce rock di Giulio Casale, ex leader degli Extra, che nella sua personale interpretazione dellle canzoni di Faber, da Geordie al Suonatore Jones, dalla Collina a Se ti tagliassero a pezzetti riesce a farne rivivere tutta la poesia e la forza emotiva.
Senza mai cadere nella celebrazione, anzi si evidenziano mancanze e difetti artistici del cantautore genovese, il racconto di Andrea Scanzi procede fino agli anni 80, fino a Creuza de Ma, l’album “miracolo”, “frutto dell’incontro tra una musica che non c’era ancora e una lingua che non esisteva più”. Da brividi la versione live di Sidùn che arriva dalla voce viva di De André quando lo schermo trasmette il concerto del ’98 al Brancaccio di Roma. La canzone è un urlo di disperazione, quello di un padre per il figlio ucciso, come tanti altri, nell’eccidio in Libano nel 1982.
E si arriva agli anni 90 alla “pace terrificante” della Domenica delle Salme ad Anime Salve, il “testamento definitivo” di De Andrè, alla morte, al finale affidato a Preghiera in gennaio, omaggio all’amico Luigi Tenco, nella versione sentita e trascinante di Giulio Casale che abbandonata la chitarra si concede finalmente al centro del palco. E poi non restano che gli applausi, tanti, e il bis con Casale che intrattiene ancora il pubblico con Il Gorilla e Volta la Carta.

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