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Wiki Leakes, dagli States alla Val Basento

“Tra i documenti diffusi via web da Wikileaks ce ne sono di sicuro alcuni interessanti che, secondo il “filone” delle preoccupazioni degli Usa per l’intesa tra Eni e Gazprom, ci auguriamo possano finalmente contribuire a far luce sulla vicenda dei siti di stoccaggio del gas acquisiti in Valbasento da una società russa, una vicenda dai troppi aspetti ancora oscuri e che ho sollevato nel luglio 2008 con un’interrogazione all’allora Ministro Scajola. Solo adesso, dopo le prime notizie diffuse sul materiale del Dipartimento di Stato Usa, comincio a capire le ragioni di una mancata risposta”.
A sostenerlo è il sen. Egidio Digilio (Fli) sottolineando che “quella dei siti di stoccaggio del gas è una partita fondamentale nello scacchiere internazionale del gas tenuto conto del massiccio ricorso agli stoccaggi di gas in Italia in seguito alla crisi fra Ucraina e Russia che ha comportato, tra il 2007 e il 2008, in diverse fasi, il blocco dell’import verso l’Italia. Specie dopo il via libera al progetto di stoccaggio di gas in Val Basento proposto dalla società Geogastock, che ha incassato nel mese di giugno scorso l’ok dal Comitato tecnico regionale della Basilicata per quanto riguarda il nulla osta di fattibilità agli impianti ed alle attività di interramento del gas nel sottosuolo per 1,4 miliardi di metri cubi tra Grottole, Ferrandina, Pisticci e Salandra, è necessario – dice Digilio – fare piena luce sui progetti industriali di Viktor Vekselberg, proprietario della TNK, una delle maggiori compagnie petrolifere russe, in stretta sinergia con Gazprom, che come è noto, ha comprato miniere esauste in Basilicata (nell’area della Valbasento) per trasformarle in depositi di stoccaggio gas. Altro che litigare sulle royalties come sembrano fare i nostri amministratori locali dei comuni del Materano. La posta in gioco è ben più alta.
Non va sottovalutato che il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva che vieta la vendita di infrastrutture energetiche (gasdotti, linee di distribuzione di energia elettrica, ecc.) a strutture non europee. L’acquisto di miniere esaurite – sottolinea Digilio – non si può considerare l’equivalente dell’acquisto di infrastrutture energetiche ma è evidente che quando queste saranno trasformate in depositi di stoccaggio gas lo diventeranno a proprietà russa o magari con società ex novo costituite in Italia”.
“Per tutte queste ragioni nell’interrogazione all’ora Ministro Scajola mi ero illuso di poter conoscere  “i rapporti tra Eni e la compagnia petrolifera russa Tnk e quella elettrica Tgk tenuto conto che l’Eni risulta l’unica società straniera a vendere gas nel mercato interno russo. Il contratto firmato il 1 luglio 2008 prevede la fornitura di 350 milioni di metri cubi di gas alla centrale termoelettrica di Perm, da effettuare con la controllata russa di Eni, Eni Energia”.
“Prima che siano i files riservati diffusi da Wikileaks ad alimentare nuovi allarmi sull’affare politico-economico internazionale – continua il senatore lucano di Fli – inoltre è necessario, per pensare agli “affari di casa nostra”  , conoscere a quanto ammonta esattamente la produzione di gas di derivazione dall’estrazione petrolifera Eni in Basilicata, che secondo alcune stime di fonte Eni si dovrebbe aggirare intorno ai 750 milioni di metri cubi l’anno e sapere di quali strumenti dispone la Sel (Società Energetica Lucana) per la misurazione”.
Nel sottolineare che “il progetto Geogastock è legato ad un accordo internazionale che si chiama South Stream e che prevede di portare in Europa gas russo attraverso il mar Nero, by-passando l’Ucraina e i cattivi rapporti che l’ex Stato sovietico ha con Mosca; nel progetto South Stream ci stanno la Russia, la Turchia, l’Italia e adesso anche la Germania e prevede di raggiungere, fra 8 anni, l’Europa del Nord, tramite i Balcani e l’Europa del sud e il Mediterraneo, tramite l’Italia”, Digilio afferma: “non vorremmo trovarci di fronte ad affari internazionali tra l’Eni e società energetiche russe, con contropartite non meglio precisate (per ora) che riguardano il territorio lucano che già attualmente può contare su benefici limitati rispetto agli altissimi profitti dell’attività petrolifera dell’Eni in regione”.

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