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Terza bocciatura per il dissequestro della cala di Porto Miggiano

baia porto miggianoNuova bocciatura per la richiesta di dissequestro della cala di Porto Miggiano. La Corte di Cassazione, infatti, ha respinto il ricorso presentato dall’avvocato Pietro Quinto su mandato del sindaco del comune salentino, Pasquale Bleve. L’avvocato Quinto aveva specificato che le esigenze probatorie della consulenza disposta dal Pubblico Ministero per verificare la corrispondenza delle opere realizzate al progetto di approvazione del Comune (il reato è violazione edilizia e deturpamento delle bellezze panoramiche) non fosse in conflitto con l’utilizzazione di una porzione del compendio ai fini della balneazione. La tesi è stata respinta dai giudici della Suprema Corte, cha ha condannato il ricorrente a pagare le spese di giudizio.

Si tratta del terzo rigetto, dopo quello firmato dai sostituti procuratori Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro, e dal gip Vincenzo Brancato: ed anche in questo caso l’istanza è stata presentata dall’amministrazione comunale di Santa Cesarea Terme, che aveva deliberato con provvedimento d’urgenza la decisione di impugnare in Cassazione al decisione del gip. L’amministrazione comunale di Santa Cesarea Terme, infatti, con l’approssimarsi della stagione estiva, aveva chiesto la rimozione parziale dei sigilli all’area, per consentire l’accesso ai bagnanti. Ora bisognerà attendere il deposito delle nuove consulenze che la Procura ha affidato ai professori Dino Borri (ordinario del dipartimento di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Bari) e Giuseppe Roberto Tomasicchio (titolare delle cattedre di Idraulica e Costruzioni idrauliche alla facoltà di Ingegneria Civile dell’Università del Salento). Tutto è cominciato quando, lo scorso 20 marzo, gli uomini del Corpo Forestale dello Stato hanno apposto i sigilli sia all’area a strapiombo sul mare (dove sono in corso alcuni interventi di consolidamento geotecnico), sia nella parte superiore, interessata da lavori di urbanizzazione. La misura è stata disposta ai fini probatori, per accertare la conformità dei lavori della falesia, finanziati con fondi Cipe per un importo di circa 3 milioni di euro.

Alcuni sopralluoghi sono stati avviati per verificare se le strutture edificate in zona abbiano contribuito all’erosione della scogliera, per poter dare un quadro più preciso ad una vicenda che ha portato, peraltro, all’iscrizione di tre persone nel registro degli indagati: Salvatore Bleve, dirigente dei lavori pubblici del Comune di Santa Cesarea e responsabile unico del procedimento, Daniele Serio, direttore dei lavori, e Maria Grazia Doriana, amministratore unico della Cem spa, ditta esecutrice dei lavori.

Nella richiesta presentata dal legale del Comune di Santa Cesarea, è stato dimostrato l’avvenuto completamento delle opere e, quindi, l’impossibilità di alterare lo stato dei luoghi o le indagini in corso. L’istanza, tuttavia, era stata rigettata poiché secondo il giudice i consulenti tecnici nominati hanno il compito di verificare se le opere marittime già realizzate possano essere qualificate come opere di difesa della falesia dalle onde o se, piuttosto, abbiano comportato un’alterazione della scogliera.

 

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