BasilicataCronaca

Crollo della palazzina di vico Piave a Matera, le motivazioni della Cassazione sui tecnici comunali

Com’è noto, la Corte Suprema di Cassazione, IV sezione penale, presieduta da Salvatore Dovere (consigliere estensore Alessandro Ranaldi), per il caso del crollo della palazzina di vico Piave a Matera, avvenuto nel gennaio 2014, ha deciso sugli appelli presentati dagli imputati Delia Maria Tommaselli, dirigente del Comune di Matera, e il funzionario Emanuele Lamacchia Acito, nonché dal Comune di Matera, responsabile civile difeso dall’avvocato Enrica Onorarti, dirigente dell’Avvocatura pubblica. A febbraio 2023, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di appello, rinviando gli atti alla Corte d’Appello di Salerno. Nei giorni scorsi, l’organo giudicante di terzo grado ha depositato la motivazione, spiegando le ragioni della sua decisione. Infatti, nel vagliare le posizioni dei due imputati, in particolare quella del tecnico Lamacchia Acito, condannato sia in primo che in secondo grado perché, per i giudici di merito, alla data del sopralluogo effettuato il 23 dicembre 2013 l’evento del crollo sarebbe stato “imminente e prevedibile”, la Cassazione ha stabilito che: “…la sentenza impugnata ha offerto un percorso motivazionale carente, illogico e non rispettoso…”, dei princìpi già costantemente affermati dalla Cassazione, secondo cui la valutazione sulla prevedibilità dell’evento deve essere compiuta “ex ante”, riportandosi al momento in cui la condotta commissiva o omissiva, si è effettivamente verificata; non “ex post”, cioè prendendo le mosse dal verificarsi dell’evento per poi andare a ritroso, chiedendosi quale sarebbe stato il comportamento idoneo ad impedirlo. Il ragionamento “ex post” dei giudici di merito, come rimarca la Corte, si pone in contrasto con altri importanti dati processuali, richiamati anche nel ricorso presentato dall’avvocato Onorati del Comune responsabile civile, come le deposizioni del professor D’Ambrosio, o la perizia dei consulenti tecnici del pubblico ministero Laterza e Colella, che rendono illogica e contradittoria la perentoria affermazione di responsabilità dei funzionari comunali, fondata sul presupposto che una situazione di imminente pericolo di crollo fosse certamente prevedibile.

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